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KATRINA, UN ANNO DOPO

Publie le martedì 29 agosto 2006 par Open-Publishing

Dazibao Governi Catastrofe USA

di Bianca Cerri

Esattamente un anno fa, l’uragano Katrina si abbatteva sul Golfo del Messico, devastando ampie zone del sud degli Stati Uniti e le vite di coloro che li abitavano. Le autorità hanno deciso di commemorare quei giorni drammatici con manifestazioni di ogni genere che si concluderanno solo il 15 settembre con la Gulf Coast Conference. Il sindaco di New Orleans, Nagin, che avrebbe voluto inserire nel programma anche uno spettacolo di fuochi d’artificio come simbolo della volontà di rinascita della gente del Baoyou, è stato ricondotto alla ragione dai suoi consiglieri che gli hanno suggerito toni più sommessi.

Tanto più che la rinascita non è ancora avvenuta. Media e politici vari hanno tentato di farlo credere avventandosi sul primo anniversario del passaggio di Katrina per far credere al pubblico che tutto stesse andando nel verso giusto ma i fatti li smentiscono. Non ha convinto neppure il redivivo John Kerry che, nonostante le parole di fiele nei confronti di Bush, è apparso come al solito incapace di proporre soluzioni valide.

Quasi tutte le organizzazioni cattoliche hanno inviato "esperti" disposti a partecipare agli innumerevoli dibattiti in programma fino a metà settembre. Caleranno su New Orleans anche avvocati e psicologi allevati in scuole rette da religiosi, come la famosa "Ave Maria", la cui fama stride pericolosamente con la norma costituzionale che prevede una netta separazione tra Stato e Chiesa. Nonostante ciò sembra che il trend di affidarsi ad esperti di estrazione cattolica stia prendendo sempre più piede negli Stati Uniti, grazie anche alle politiche dell’attuale amministrazione. A ben guardare, l’unica vera nota positiva è il ritorno di Wynon Marsalis a New Orleans con un concerto che servirà ad aiutare la ricostruzione delle infrastrutture culturali.

I poveri chiusi fuori da New Orleans

Con l’arrivo di Katrina, gli abitanti del Bayou si risvegliarono in una specie di Atlantide sommersa dove già galleggiavano i corpi delle vittime. Le autorità, pur se avvertite in tempo dell’eventualità di una catastrofe, preferirono lasciar fare alla natura. Solo il due di settembre arrivò un primo ordine di evacuare le zone più devastate e 450.000 persone vennero caricate alla rinfusa sugli autobus e trasferite in diverse località. Unica precauzione: il divieto assoluto di portare con sé bevande alcoliche. Un buon numero di sfollati finì a Houston dove una volta passato il primo momento di enfasi umanitaria, gli abitanti iniziarono a lamentarsi della loro presenza accusandoli di aver alzato il tasso di criminalità in Texas. Un anno dopo, quelli che si apprestano a tornare avranno la sgradita sorpresa di non ritrovare più neppure l’ombra delle proprie case. Un decreto comunale votato all’unanimità prevede infatti che le case non ancora ricostruite dai proprietari vengano spalate via entro il 29 agosto 2006.

Visto che chi detiene ancora il potere nelle zone devastate da Katrina ha scelto di chiudere le scuole senza ricostruirle, di continuare a negare assistenza medica agli sfollati e di lesinare posti di lavoro, non ci sarà bisogno di appendere cartelli per vietare il ritorno agli sfollati di New Orleans, basta la realtà. Molti non desiderano neppure tornare e si dicono nauseati dalla ricostruzione affidata interamente al settore privato. Le imprese si sono avventate su New Orleans come feroci uccelli rapaci, senza tenere in alcun conto il destino dei meno abbienti. Grande anche la discriminazione razziale. Non è esagerato dire che nel post-Katrina le autorità hanno dato il via ad una nuova era della criminalizzazione degli afro americani. Anche se il governo nega, molti dei progetti approvati sembrano fatti apposta per tagliare fuori i neri dalle zone che erano soliti abitare. Anche quelli che possedevano contratti regolari sono stati sgombrati illegalmente dalle proprie case.

Prima del passaggio di Katrina, New Orleans contava ben 500.000 abitanti contro gli attuali 70.000, il 25% dei quali soffre di sindromi depressive di vario grado. Il St. Bernard, uno dei quartieri abitati da poveri, soprattutto di colore, avrebbe potuto essere ripristinato con poca spesa, ma le autorità non hanno ritenuto opportuno dedicargli particolari attenzioni. Gli abitanti hanno cercato di attirare l’attenzione del paese organizzando una festa di ritorno con tanto di barbecue ma senza successo.
Con la scusa che negli appartamenti è stata accertata la presenza di piombo, si provvederà ad abbatterli. Le forniture di energia elettrica sono disponibili solo per 345.000 famiglie in tutta la Louisiana e quelle di gas registrano un calo del 34% rispetto al periodo precedente il disastro. Il governo federale non si è ancora impegnato a trovare i quattro miliardi di dollari necessari per il ripristino degli argini. Ma l’aspetto più preoccupante del post-Katrina è certamente la criminalizzazione della povertà. Le autorità giocano con i meno abbienti nella speranza di logorarne la resistenza impedendo che avanzino altre richieste. Non mancano "esperti" disposti a rafforzare l’equazione povertà uguale criminalità che potrebbe avere effetti anche sul sistema elettorale. Quello che è probabile è però che la gente di New Orleans non accetti di inoltrarsi nella notte quieta senza far rumore, come direbbero i poeti. La ricostruzione li ha vittimizzati ma in fondo se lo aspettavano. I poveri si sa arrivano sempre ultimi, basti pensare a Messico City, dove le case vennero spalate dopo il terremoto con gli abitanti ancora dentro. Negli Stati Uniti questo non avverrà. A patto che i poveri non si incaponiscano a pretendere quel potere che nessuno vuole concedere loro.

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