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America, guerra, Cia

Publie le lunedì 31 ottobre 2005 par Open-Publishing

Dazibao Governi USA Piero Sansonetti

di Piero Sansonetti

La presidenza Bush va a rotoli. E’ travolta dagli scandali? Soprattutto è travolta dal suo fallimento. Bush aveva detto tre cose: ristabilirò il potere militare degli Stati Uniti con la guerra preventiva, e questo rimetterà in ordine il mondo. Ristabilirò il potere economico dei ceti più attivi e capaci, attraverso una riforma delle tasse che li premi, e questo produrrà ricchezza e gerarchia nei rapporti di classe. Ristabilirò i valori cristiani con una campagna ideale e di propaganda, e questo restituirà sicurezza al ceto medio e forza alla famiglia e all’american way.

Cosa ha ottenuto? Quasi niente. Non ha vinto la guerra in Iraq e ha perduto la guerra preventiva globale; non ha rimesso in moto l’economica Usa, ha impoverito il welfare ed ha aggravato drammaticamente le condizioni di vita dei ceti poveri e dei neri (mettendo a repentaglio la stabilità sociale del paese per i prossimi decenni); ha ottenuto qualche risultato, ma non eccezionale, solo sul piano della spinta a destra del senso comune.

Lo scandalo del Cia-Gate, che ora rischia di azzoppare il presidente, è l’ultimo atto di questa crisi. Forse ne è l’effetto, non è la causa. Però squarcia un velo. Cioè dimostra quale gigantesca ipocrisia sia sempre alla base della politica dei repubblicani americani. Lo scandalo che oggi sfiora Bush e travolge il suo staff non riguarda qualche aspetto secondario della sua politica, o della vita privata (come successe a Clinton, accusato di cattiva condotta sessuale), riguarda la guerra, il modo nel quale ci si è arrivati, e investe i vertici dello Stato con l’accusa, somma, di tradimento.

La Casa Bianca - sicuramente nella persona del signor Lewis Scooter Libby, cioè il braccio destro del vicepresidente Cheney, ma forse anche con l’intervento di personaggi ancora più importanti, come Karl Rove, braccio destro di Bush, o lo stesso Dick Cheney per ragioni di opportunismo politico ha tradito un suo ambasciatore onesto e scrupoloso, e poi sua moglie, agente della Cia, bruciandola ed esponendola a gravi pericoli. E con questo inganno ha trovato gli argomenti per giustificare la guerra. Una enorme vergogna, un colpo mortale alla credibilità dell’amministrazione.

Successe più o meno la stessa cosa ai due predecessori repubblicani di Bush: Richard Nixon e Ronald Reagan. Nixon fu accusato di aver fatto spiare il suo antagonista democratico alle elezioni del ’72 (George Mc Govern) e di aver fatto perquisire il suo quartier generale. Perché? Sembra che Nixon temesse che McGovern disponesse di documenti che provavano un intrigo orrendo, del quale lo stesso Nixon era stato protagonista nel ’68 (durante la sua campagna elettorale contro Hubert Humphrey) che consisteva in un accordo segreto con il governo fantoccio del Vietnam del Sud per far fallire i negoziati di pace che erano stati da poco avviati dalla presidenza americana (democratica). Nel caso di Reagan invece l’accusa fu di avere venduto armi all’Iran (violando l’embargo) per ricevere soldi in nero da utilizzare nella guerriglia contro il legittimo governo di sinistra del Nicaragua. Storie terribili, un po’ ripugnanti. Portarono Nixon alla rovina, ma non Reagan. Perché. Per il semplice motivo che Nixon era già alla rovina, travolto dalla crisi economica, dallo shock petrolifero, dalla sconfitta militare in Vietnam. Reagan invece stava vincendo in politica interna, guidava la rimonta neoliberista e la vendetta sugli anni ’70, e stava mettendo alle corde l’Urss di Gorbaciov.

Qual è la morale di tutto ciò? La cosa più evidente è l’assoluta mancanza di senso etico e di onestà personale nella politica americana ai suoi massimi vertici. La seconda morale è che non tutti gli scandali hanno lo stesso valore: se sei forte te ne infischi dello scandalo, se sei debole ti stritola. E questo non è un buon augurio per Bush. La terza morale è che a soli tre anni dall’inizio della guerra del Golfo noi sappiamo che fu avviata con una sporca congiura guidata dai vertici della Casa Bianca (mentre a 35 anni dalla strage di Piazza Fontana non conosciamo né esecutori né mandanti, e non conosciamo nemmeno quale è il nome del ministro che nel ’47 mandò il bandito Giuliano a uccidere decine di lavoratori e di sindacalisti a Portella delle Ginestre). Che vuol dire? Che questa è la forza straordinaria della democrazia americana, forse è l’unica sua vera forza: la capacità di mettersi sotto accusa, di processarsi. E’ il suo salvagente. Basterà, nei prossimi decenni, per tenerla a galla?

P. S. Ieri Berlusconi, informato sulle disgrazie di Bush, ha detto: «lo conosco appena, e quando ho saputo che voleva fare la guerra gli ho detto: ma che sei matto? Neanche un bambino può credere che la democrazia si esporta con la guerra...». Come si fa a far polemica con uno così? Troppo simpatico: sembra Alberto Sordi!

http://www.liberazione.it/giornale/051030/LB12D705.asp