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Un giorno in...fausto

Publie le martedì 27 marzo 2007 par Open-Publishing

Dazibao Guerre-Conflitti Governi Partito della Rifondazione Comunista Parigi

di Carla Ronga

"Assassino", "guerrafondaio", "buffone". Sono questi gli insulti scagliati dagli studenti del Coordinamento dei collettivi all’indirizzo della terza carica dello Stato al suo arrivo in facoltà. Il fantasma dello "strappo" con una parte di quel mondo antagonista che il Prc vuole rappresentare

"No pain, no game" ovvero ogni impresa ha un costo da pagare. Sembra essere questo il detto che ha contraddistinto il lunedì di Rifondazione comunista. Con le dure contestazioni di una parte del movimento studentesco radunatosi all’Università di Roma La Sapienza per fischiare contro il presidente della Camera Fausto Bertinotti, ex segretario Prc e tutt’ora uomo simbolo del partito, mentre a pochi chilometri di distanza un altro pezzo di movimento sedeva attorno ad un tavolo con numerosi altri esponenti di Rifondazione per "creare un percorso di pace in Afghanistan".

Nessuno scandalo, il movimento si sa ha molte anime e la contestazione è sempre legittima, quando si compiono degli strappi è quasi fisiologico che vi siano strascichi aspri e polemici, semmai sono le forme e i modi della protesta a non essere condivisibili. All’università di Roma, il pretesto è stata la guerra in Afghanistan, ma lo scontro ha radici più profonde, da ricercare nell’acceso dibattito tra "sinistra istituzionale e di governo" e "sinistra espressione dei movimenti" che attraversa Rifondazione comunista e tutte le espressioni della sinistra parlamentare e non.

"Assassino", "guerrafondaio", "buffone". Sono questi gli insulti scagliati dagli studenti del Coordinamento dei collettivi all’indirizzo della terza carica dello Stato al suo arrivo in facoltà per partecipare ad un dibattito sulla cooperazione internazionale organizzato da Comunione e liberazione. Tra i motivi della contestazione all’ex segretario del Prc, secondo gli studenti, l’aver abbandonato il pacifismo in nome della partecipazione al governo, ma anche la scelta di aderire ad un incontro promosso da Comunione e liberazione. "Una contestazione - a detta di Lorenzo Santoro, studente del Collettivo universitario - rivolta non contro la persona ma contro il rappresentante di un governo che ha completamente disatteso le aspettative e le promesse di pace".

Oltre alle offese verbali, sono stati esposti striscioni contro l’impegno italiano a Kabul, proprio alla vigilia del "rischioso" voto in Senato sul rifinanziamento della missione militare. "Bertinotti, un impegno concreto contro la guerra, spallette della pace per tutti!" si leggeva su uno di essi. "8 marzo, la Camera vota la guerra in Afghanistan: giorno inFausto" c’è scritto su di un altro. Bertinotti ha minimizzato la contestazione, circoscrivendola "a un’ala della sinistra estrema". Quindi ha aggiunto: "La rivoluzione non è un pranzo di gala, ma neppure la politica. Bisogna tentare di capire le verità di chi contesta anche se le forme sono considerate molto sbagliate".

I primi a parlare di uno "strappo" con una parte di quel mondo antagonista che il Prc vuole rappresentare sono coloro che, proprio dal loro legame coi movimenti, hanno fatto scaturire l’investitura parlamentare. Secondo Francesco Caruso, "la difficoltà del partito è evidente. Su Rifondazione si concentrano troppe tensioni". E’ urgente quindi cercare una via d’uscita. "Sarebbe sbagliato rispondere appiattendo la nostra natura di forza critica, la nostra carica alternativa. Tanto più che la piattaforma dei ragazzi che contestano io la condivido interamente. Ma mi chiedo: come la realizziamo con i ’casini’ in agguato? E’ proprio su questo che dobbiamo aprire una discussione nel partito. Dobbiamo scegliere, o dentro o fuori una logica parlamentare".

Diverso il parere di Daniele Farina, deputato e leader del centro sociale Leoncavallo, secondo il quale "è troppo presto per dire se Rifondazione stia soffrendo o meno la partecipazione al governo. Nel partito la discussione è aperta, ma i bilanci si fanno a fine stagione, e ora siamo solo all’inizio". Del resto aggiunge Farina "quelli di Roma sono solo una piccola porzione del movimento, gli stessi che mi hanno dato del collaborazionista per aver votato l’Afghanistan". Per Farina non regge quindi il paragone tra la contestazione a Fausto Bertinotti e quella a Luciano Lama nel ’77. "Mi pare che non ci sia nessuna università occupata - dice - si tratta di cose molto ma molto diverse". Totalmente da condannare, poi, il metodo: "Le contestazioni sono il sale della democrazia - ammette Farina - ma in questo caso si è davvero sconfinato nell’insulto gratuito".

"Solidarietà" al presidente Bertinotti, ma le critiche dimostrano che "bisogna stare attenti alla frattura che si sta creando tra Rifondazione comunista e il mondo dei movimenti", dicono Salvatore Cannavò, portavoce della minoranza interna al Prc "Sinistra critica" e Fosco Giannini, senatore della corrente "Essere comunisti. Le parole utilizzate contro Bertinotti, dicono i due, sono "eccessive", ma "fanno riflettere". Giannini invita il Prc a "stare in guardia dal rischio di un governismo". "Le forze della sinistra - spiega il senatore - devono ritrovare la strada per il rientro da Kabul, questo è ciò che i movimenti si aspettano". E Cannavò individua nelle contestazioni i sintomi di "una crisi a sinistra, tra il partito e i movimenti".

I vertici "istituzionali" del partito si schierano invece compatti a difesa di Bertinotti. Per il segretario Franco Giordano " le modalità di espressione della contestazione da parte del gruppo di giovani alla Sapienza sono ben lungi dalla cultura e dalla pratica della nonviolenza". Mentre il capogruppo del Prc a Montecitorio, Gennaro Migliore, chiarisce: "Le ragioni della pace sono le nostre. In democrazia ciascuno è libero di criticare, ma la contestazione a Bertinotti è nel segno del tanto peggio tanto meglio". Il presidente dei senatori, Giovanni Russo Spena, esprime la "massima" solidarietà: "Nelle contestazioni di oggi non si riconosce di certo il movimento pacifista, sono state invece organizzate da specifiche aree politiche per motivi che con il pacifismo non hanno proprio niente a che spartire".

Ma non ci sono stati solo fischi. Di tutt’altro segno, infatti, il clima che si respirava a pochi chilometri di distanza, all’interno dell’ex hotel Bologna, al Senato, dove associazioni, intellettuali, pacifisti, parlamentari del centrosinistra, giornalisti, ricercatori e docenti universitari si sono riuniti in un incontro-dibattito. "Noi chiediamo al governo italiano di intervenire in tutte le sedi internazionali, a cominciare dall’Onu dove si deve ridefinire il mandato della missione in Afghanistan, per promuovere un deciso cambio di rotta nell’atteggiamento della comunità internazionale". Comincia così l’appello per contribuire "a creare un percorso di pace in Afghanistan". "Chiediamo all’Italia - dichiarano i firmatari - di aprire un ampio dibattito, nel quale sia coinvolta anche la società civile afgana e i settori più consapevoli della politica, della cultura e della società civile internazionale". L’iniziativa è stata convocata, tra gli altri, dal senatore Francesco Martone (Prc Commissione Esteri), Lisa Clark (Beati i costruttori di pace), Tonio Dall’Olio (Libera), Elisa Giunchi (Università di Milano), Emanuele Giordana (Lettera 22), Giulio Marcon (Lunaria), Margherita Paolini (Limes). "Negli ultimi mesi si è molto parlato di Afghanistan - recita l’appello - ma si è parlato poco del popolo afgano e dei suoi bisogni, e di come percepisce la presenza occidentale. Poco si è parlato delle possibili vie d’uscita politiche e negoziali alternative alla guerra".

L’incontro prelude alla creazione di un tavolo di lavoro permanente per costruire un’azione comune con l’obiettivo di delineare un piano di intervento da sottoporre a governo e parlamento, in vista dell’appuntamento del prossimo ottobre quando l’Italia sarà relatrice all’Onu sulla componente militare della missione in Afghanistan.

http://www.aprileonline.info/2389/bertinotti-contestato-alluniversita