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Parte la campagna per una proposta di legge di iniziativa popolare per bandire definitivamente le armi nucleari dal suolo italiano.
Intervista a Lisa Clark, esponente storica dei Beati costruttori di pace
Sono oltre 50 le organizzazioni di ogni tipo che hanno già aderito all’appello e diversi comitati locali stanno costituendosi spontaneamente su tutta la penisola.
Nel 1968 fu firmato il TNP "Trattato di non proliferazione nucleare", nel quale i cinque Paesi dotati di armi nucleari si impegnarono a smantellare i propri arsenali nucleari e non aiutare alcun altro Stato a dotarsi della stessa tipologia di armi In cambio tutti gli altri Stati garantirono di non dotarsi mai di armi atomiche, di non produrne e né di accettarne sul proprio territorio.
Il trattato raggiunse il numero sufficiente di ratifiche ed entrò in vigore nel 1970. Tutte le installazioni per il nucleare “pacifico”, cioè la produzione di energia a scopi civili degli Stati non-nucleari, vennero poste sotto lo stretto controllo della AIEA (Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica).
L’Italia ratificò il trattato nel 1975, come Stato non dotato di armamenti nucleari. Col passare degli anni quasi tutti gli Stati del mondo ratificarono il TNP, rendendolo il più universale di tutti gli accordi internazionali per il disarmo. Rimangono fuori dall TNP solo India, Pakistan e Israele, i tre Stati che si sono creati un arsenale nucleare considerato illecito secondo il diritto internazionale. Inoltre, la Corea del Nord si è ritirata dal trattato nel 2006. Ad oggi, quindi, sono 188 gli Stati membri.
Abbiamo incontrato Lisa Clark esponente di Beati i costruttori di pace e coordinatrice della campagna contro le armi nucleari.
Solo quattro stati oggi rimangono fuori dal trattato, (Israele, India, Pakistan e Corea del Nord). Possiamo parlare oggi di un nuovo allarme mondiale verso il riarmo nucleare?
Sì, credo proprio di sì. Fino al 2000 possiamo dire che il TNP ha retto: ha scongiurato la proliferazione nucleare che si temeva negli anni 60, quando una trentina di Stati erano sulla strada verso la produzione di armi nucleari. Il duplice impegno, rappresentato dall’accordo, per cui le cinque Potenze nucleari (USA, URSS, GB, Francia e Cina) si impegnavano ad arrivare al disarmo e in cambio tutti gli altri si impegnavano a non dotarsi mai di arsenali atomici, ha convinto quegli Stati a desistere. E nel corso degli anni, anche alcuni Stati rimasti al di fuori del trattato hanno accettato di smantellare le proprie strutture con ispezioni dell’AIEA per poter poi accedere al trattato. Tra gli esempi più recenti, la Libia, il Sud Africa e alcuni Stati dell’ex URSS (Uzbekistan, Ucraina, ecc.). I segnali erano buoni, sebbene non fosse il caso di abbassare la guardia. In più, gli accordi tra USA e URSS procedevano bene: furono smantellate negli anni 90 decine di migliaia di armi nucleari.
Ma dopo il 2001 le cose sono cambiate. Gli USA hanno rilanciato il ruolo del nucleare nelle strategie militari. La vicenda dell’Iraq, successivamente, ha mandato un messaggio terribile: l’invasione era possibile proprio perché le armi di distruzione di massa non c’erano! Credo davvero che sia così che Iran e Corea del Nord hanno interpretato gli eventi. Non sono solo gli USA, però, quelli che rilanciano la loro superiorità grazie al nucleare: anche la Gran Bretagna vuole costruire una nuova generazione di sottomarini Trident. La Russia nel solo 2006 ha fatto ben 16 sperimentazioni di missili. La Francia di Sarkozy rivendica in ogni occasione la sua potenzialità nucleare. Insomma, sta ripartendo una corsa al riarmo atomico che va fermata.
Il trattato di proliferazione è stato di fatto eluso dai paesi firmatari. Una strategia dettata solo da un buon senso di facciata, per assicurare l’opinione pubblica?
Le potenze nucleari non hanno, in effetti, iniziato il percorso verso il proprio disarmo, come richiesto dall’articolo VI del trattato. E questo oggi comincia a pesare: gli Stati non-nucleari, in stragrande maggioranza, hanno rispettato la loro parte dell’accordo. La strada, adesso, è quella di ricominciare a fare dei passi nella direzione giusta. Ad esempio progredire con il trattato sulla produzione dei materiali fissili (sono la base per ogni produzione nucleare), imporre a USA e Cina di ratificare il trattato che mette al bando ogni test nucleare, impedire con un accordo che si militarizzi lo spazio (e la nuova difesa missilistica che gli USA vogliono predisporre vicino ai confini della Russia) e far avanzare le convenzioni tra Stati che si dichiarino “liberi da armi nucleari”.
Non viene detto molto spesso, ma ormai la maggioranza degli Stati del mondo fanno parte di regioni che si sono dichiarate “Zone Libere da Armi Nucleari” (Nuclear Weapon Free Zones, NWFZ). Tutti gli Stati, tranne USA, Canada, Stati del sud Pacifico, compreso Australia, Nuova Zelanda e le molte isole dove le potenze nucleari facevano le sperimentazioni nucleari sulla pelle dei popoli. Il sud-est asiatico e ora anche gli Stati dell’Asia centrale (Kazakhstan, Uzbekistan, Turkmenistan, Kirghizistan, Tagikistan, tutto il continente africano, la Mongolia e anche la nostra vicinissima Austria. Quando anche l’Italia si sarà dichiarata “libera da armi nucleari” sarà in ottima ed abbondante compagnia.
L’arsenale presente in Italia conta 90 missili atomici nelle diverse basi Nato sparse sulla penisola, come ha riportato attraverso testimonianze Greenpeace nel 2006. Ma, vista la poca informazione a tal proposito potrebbero essere molte di pù. La Nato inizialmente aveva uno scopo difensivo nei confronti del patto di Varsavia, ora è diventata forza di prevenzione militare senza limiti geografici. Com’è possible che il TNP sia completamente ignorato?
E’ vero che sono 90 le bombe di tipo B61 in Italia in una base USA (Aviano) e in un aeroporto militare italiano (Ghedi). Non credo affatto che possano essere molte di più. I ricercatori hanno esaminato tutti i documenti militari che contengono le istruzioni per la manutenzione, trovando dettagli sulla manutenzione “nucleare” solo in quelle due basi.
La NATO introdusse il concetto di “nuclear-sharing”, cioè condividere la deterrenza nucleare con gli Alleati non-nucleari durante la Guerra Fredda. Secondo i giuristi (antinuclearisti), la dottrina NATO è in violazione del trattato di Non Proliferazione. Ma la NATO ha sempre replicato, sostenendo che il Trattato Atlantico è stato firmato prima del TNP, quindi ha la precedenza. In effetti, però, conviene tener presente che quelle bombe B61 sono poco più che “ferri vecchi”. Le altre bombe sono state rimosse con il trattato INF (smantellamento armi nucleari e vettori di corto e medio raggio) tra il 1991 e il 1993. Quelle che stavano a Comiso, per intenderci.
Oggi rimangono sul suolo europeo 350 B61, di cui 90 in Italia. Anche negli altri Stati ospitanti ci sono movimenti al lavoro, affinché vengano rimosse e smantellate. Si tratta di campagne europee, da portare avanti insieme. In Belgio, ad esempio, già nel 2005 ambedue i rami del Parlamento (il Senato addirittura senza neanche un voto contrario!) si sono espressi per l’eliminazione dell bombe USA che stanno nella base di Kleine Broghel. In Germania, sempre nel 2005, il Ministro degli Esteri Joschka Fischer disse una cosa simile: e pochi mesi fa abbiamo scoperto che le 130 bombe USA che stavano nella base tedesca di Ramstein non ci stanno più. Il movimento antinuclearista europeo è ben coordinato e sta ottenendo dei piccoli successi, che vanno nella direzione giusta.
Naturalmente, una volta eliminate tutte le bombe USA dai Paesi europei non-nucleari, avremo un’altra lotta, ben più ardua. Quella per il disarmo nucleare dei due Stati nucleari: la Gran Bretagna e la Francia. Ci sono già risoluzioni approvate al Parlamento Europeo che parlano della necessità di dicharare l’intera Unione Europea “Zona Libera da Armi Nucleari”.
Quante firme sono necessarie per il raggiungimento di un risultato dal quale si possano trarre risultati per raggiungere un obiettivo così importante?
La normativa italiana che disciplina le proposte di Legge d’iniziativa popolare prevede che si raccolgano 50.000 firme autenticate e certificate. La nostra Campagna crede che sia necessario raccoglierne molte di più. Tutti noi abbiamo lavorato molto per la Campagna per l’Acqua pubblica: lì si è fatto un lavoro straordinario, oltre 400.000 firme.
Sarebbe un sogno riuscire a fare altrettanto. Abbiamo sei mesi di tempo, a partire dal 30 settembre: serve la collaborazione di tutte e tutti!
Maggiori informazioni sono reperibili nel sito
Messaggi
1. Un futuro senza atomiche , 8 novembre 2007, 20:30
Buona sera,
Mi permetto di utilizzare questo spazio per denunciare lo scandaloso servizio che è appena andato in onda al tg1 sul caro petrolio e la folle proposta di Casini di tornare al nucleare.
Apparte il fatto che l’intero servizio è stato strutturato come una propaganda in favore del nucleare, il tutto è culminato col l’internvento in studio dell’amminstratore delegato dell’ENI il quale, avvalorando la tesi di Casini, ha affermato che il ritorno al nucleare sarebbe l’unica soluzione all’aumento della bolletta di elettricità e gas.
Lasciando stare il fatto che non si sia neppure menzionata l’ipotesi di una vera politica che favorisca lo sviluppo di energie rinnovabili, personalemente ritengo che gli italiani ed in primis il governo di centro (sinistra?) debbano fare molta attenzione a tutta questa "mala informazione" che circola impunemente in prima serata alla televisione pubblica veicolata dal principale telegiornale nazionale.
La salvezza del genere umano è nelle energie rinnovabili.
Antonio Contursi
Parigi 8/11/2007