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TUTTI CI VOGLIONO “CAPUT MUNDI”

Publie le giovedì 31 agosto 2006 par Open-Publishing

Dazibao Guerre-Conflitti medio-oriente Marco Cedolin

di Marco Cedolin

Quando tutti ti vogliono a capo di un progetto può significare che sei il più bravo oppure che il rischio di fallimento connesso al progetto stesso appaia talmente alto da far si che nessuno abbia intenzione di accollarselo.

La forza d’interposizione che sotto la bandiera dell’ONU dovrebbe contribuire a consolidare la tregua fra Israele e Hezbollah come previsto dalla risoluzione 1701 è ormai in fase di gestazione da una decina di giorni durante i quali è stato detto e scritto tutto ed il contrario di tutto senza che sia stato fatto alcun passo in avanti.

I passi indietro al contrario sono stati molti se è vero che la Francia deputata inizialmente al comando della missione stessa non solo si è defilata dal ruolo di leader ma ha anche ridotto il potenziale del proprio contributo da alcune migliaia a circa 200 uomini.

La Germania si è detta disponibile solamente al pattugliamento delle coste, Stati Uniti ed Inghilterra si sono chiamati fuori fin dall’inizio da una partecipazione attiva al contingente ed i resto dei paesi europei attende perplesso che vengano definiti nel dettaglio il ruolo ed i compiti dei caschi blu.

Le regole d’ingaggio ed i compiti specifici della forza d’interposizione costituiscono infatti la cruna dell’ago attraverso la quale inevitabilmente dovranno passare tutte le aspirazioni connesse a questo progetto. Ancora una volta l’ONU sta dando prova della propria inanità, pietrificata in quell’immobilismo figlio della sua sudditanza agli Stati Uniti e ad Israele.

La risoluzione 1701 (che il Presidente Bush ha dichiarato sarà seguita a breve da una nuova risoluzione) ha avuto il merito indiscutibile di costituirsi quale presupposto per la tregua ma al contempo si è rivelata un vero e proprio boomerang che impedisce di tradurre in realtà qualunque ipotesi di missione militare non belligerante.

Il disarmo delle milizie Hezbollah ed il presidio dei confini affinché le milizie stesse non possano “importare” armi sono due punti fermi che se da un lato garantiscono il favore d’Israele dall’altro privano il contingente ONU di tutti i presupposti necessari ad intraprendere una missione pacifica.

Anche se il disarmo di Hezbollah dovrebbe spettare secondo la risoluzione all’esercito libanese e non ai caschi blu, tutti gli esperti militari non hanno mancato di mettere in luce la situazione di estremo pericolo nella quale verrà a trovarsi il contingente in mancanza di regole precise e di compiti ben definiti.

Precisare le regole e definire i compiti in funzione della risoluzione 1701 significa però inevitabilmente dare alla forza d’interposizione il carattere di una missione belligerante pronta a combattere e sparare per far rispettare quelle stesse regole che stanno alla base della risoluzione. Si chiude così il circolo vizioso in quanto una missione belligerante si troverebbe comunque in situazione di estremo pericolo con il rischio di pagare un alto tributo in termini di vite umane.

Nessun governo europeo, tanto meno quello italiano può permettersi uno stillicidio di bare che giorno dopo giorno tornano a casa trasportate da un aereo militare. Così come nessun governo europeo credo sia disposto, solo per compiacere Israele e l’amministrazione Bush, ad infilare a cuor leggero i propri soldati dentro un cul de sac dal quale sarebbe poi difficilissimo uscire.

Di contralto affinché la missione possa assumere carattere pacifico ed i rischi essere contenuti in una dimensione ragionevole occorrerebbe che l’ONU prescindesse dal disarmo di Hezbollah e dal presidio dei confini, deputando alla forza d’interposizione solo un compito di “cuscinetto” funzionale alla preservazione del cessate il fuoco nell’attesa che la “politica” si faccia carico di risolvere le altre questioni.

Difficilmente Israele e gli Stati Uniti saranno disposti ad accettare una missione contenuta in questi termini ed ecco palesarsi i presupposti per la stasi di queste settimane, una stasi che rischierà di protrarsi a lungo, mascherata dalla babele di dichiarazioni e smentite, condite da una ridda di riunioni ed incontri ad alto livello durante i quali non si decide nulla perché nulla vi è da decidere se non si sceglie di cambiare le basi stesse del contendere.

Nella babilonia di questi giorni tutti chiedono che l’Italia prenda il comando della missione in Libano, una richiesta che non ha mancato d’inorgoglire Romano Prodi che si è detto felice, se l’ONU lo domanderà, di prendere in mano le redini. Resta da capire le redini di cosa perché quelle dell’Armata Brancaleone è meglio lasciarle all’interpretazione dell’indimenticato Vittorio Gassman.