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Salute Mariangela Casalucci Bellaciao Grecia
Può succedere ad Atene che il giorno di Pasqua una ragazza serba gravemente ammalata possa essere rifiutata da molti ospedali per non avere i documenti in regola e finisca per tornare a casa dove il suo compagno, senza alcuna preparazione medica e paramedica le inserisce per sei volte una flebo in vena e che lei ce la faccia.
Può succedere ad Atene che un ragazzo albanese di 20 anni una settimana dopo decida di suicidarsi. E può succedere che quel ragazzo sia riuscito a farlo all’interno di un cpt come si chiamerebbe in Italia e come non si può chiamare qui.
Leonidha Kalca era infatti detenuto illegalmente in una centrale di polizia come se fosse stato arrestato per aver commesso un reato. In Grecia, infatti, i cpt non esistono e la loro funzione la svolgono le centrali di polizia locali.
Gli immigrati clandestini vengono rinchiusi nelle celle insieme ai fermati e agli arrestati per reati comuni loro che reati non hanno commesso se non quello gravissimo di aver lasciato il loro paese di origine per andare per le vie del mondo a cercare un futuro migliore della realtà che vivevano.
Non corrono certo questi rischi i padroni dei capitali che ogni giorno in ogni angolo del mondo vanno a cercare un futuro migliore per i loro investimenti trasferendo le loro aziende in luoghi sicuri dove il costo del lavoro è il più basso possibile, dove non ci sono rischi di dover rispettare tabellari salari e contratti o le minime norme di sicurezza. Per loro la libertà di movimento è una realtà tangibile e favorita dal sistema in questa economia globale senza regole.
Il sogno di Leonidha invece si è fermato in una cella nella periferia di Atene dove ieri sono sfilati in una manifestazione di solidarietà e di denuncia ragazze e ragazzi di molti e diversi gruppi di Atene. Tutti ritmando slogan come “turchi, albanesi e greci, il nostro nemico è lo stesso, il capitale e l’economia mondiale” “quello che è successo è qui vicino a noi, l’indifferenza uccide” tutti con la voglia di fare luce. Un dispiegamento di polizia come sempre ingente, come sempre in tenuta antisommossa, come sempre provocatorio. Nessun incidente ma molta rabbia.
Perché ci si chiedeva questo può succedere ad Atene e perché nelle ultime due settimane altri due giovani di vent’anni, uno greco e uno albanese abbiano potuto suicidarsi in altre stazioni di polizia e perché 19 giovani immigrati negli ultimi due anni si sono “suicidati” durante la loro detenzione?
La colpa della politica governativa della Grecia, delle forze di polizia responsabili di aver lasciato nelle celle giovani disperati senza garantirne la sicurezza. Leonidha ha usato le cinghie della borsa che aveva con lui.
Ma la colpa non è solo della Grecia. Le politiche europee sulle migrazioni si fondono in una unica grande responsabilità e dai cpt italiani ai centri di detenzione inglese arrivano le stesse storie di disperazione e di morte.
Alla fine di maggio qui ad Atene i rappresentanti di 38 paesi europei e non, si incontreranno per mettere a punto un progetto ancora più pesante di politiche antiimmigratorie. Qui si sta preparando per quella occasione una manifestazione di presenza contro il razzismo e per la libertà di movimento.
Sarebbe bello pensare che in quella occasione ci sia una presenza del movimento europeo per dare una risposta di speranza e di continuità a quanti il sogno non hanno interrotto nel nome di Leonidha e di quanti sono stati costretti a non vederla più questa speranza.
Messaggi
1. Può succedere ad Atene, 30 novembre 2008, 22:47
hai scritto 1 articolo stupendo. grazie di avere diffeso il mio amico leonidha. mi sono veramente comossa, lui non si è suicidato, era pieno di vita, era alto 195 cm, come ha fatto?puà succedere solo in grecia, devono morire quelli bastardi di merda, il mio amico non meritava di morire!!!!