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PRIMARIE DELL’UNIONE : PERCHE’ VOTERO’ BERTINOTTI
Publie le venerdì 23 settembre 2005 par Open-PublishingDazibao Partiti Elezioni-Eletti Partito della Rifondazione Comunista Parigi Francesco Barilli
di Francesco Barilli, per Ecomancina.com
Non ho mai nascosto la mia avversione verso il sistema elettorale maggioritario, né le conseguenti perplessità sullo strumento delle primarie: queste perplessità sono tutt’altro che vinte; dentro di me, certo, ed in generale nell’elettorato di Rifondazione. E’ evidente che le primarie sono un meccanismo estraneo al "sentire comune" di questo elettorato; e, soprattutto, è pacifico che altrove costituiscono l’espressione di un sistema che bipolare lo è solo in apparenza, appiattendosi nella sostanza su un unico "polo" la cui ossatura è il liberismo. A contrastare parzialmente queste osservazioni devo dire di non aver mai amato le discussioni sul metodo, perlomeno quando rischiano di mettere in subordine il merito: se vogliamo cambiare lo status quo in Italia non dobbiamo certo venerare le primarie, ma da qui al rifiuto del loro utilizzo il passo è piuttosto lungo... Ma questa considerazione, l’ammetto, non è certo sufficiente da sola a vincere quelle perplessità.
Serve qualcosa in più: serve qualcosa che trasformi le primarie NON in una passerella di candidati, NON nella celebrazione di una politica spettacolarizzata, personalizzata ed aliena ai programmi. Qualcosa che le trasformi da pura messa in scena della democrazia nella consacrazione della partecipazione popolare come sostanza (e non come corollario) della democrazia stessa.
Vediamo dunque di cercare quel "qualcosa"...
Partiamo da una domanda fondamentale che credo unisca tutte le diverse anime della sinistra alternativa: come è possibile spostare a sinistra il baricentro dell’Unione? Ebbene, la risposta sta nel rafforzare quei 4/5 punti caratterizzanti che fino ad oggi hanno già saputo determinare iniziative comuni; punti attorno ai quali si sono coagulate diverse tensioni ideali e si sono riconosciuti pacifisti, ambientalisti, antiliberisti, antiproibizionisti ecc.; punti su cui Bertinotti ha costruito la propria candidatura: parlo del no alla guerra, della difesa dei salari, dell’emergenza casa, della necessità di abrogazione delle "leggi vergogna" del governo Berlusconi (senza però tornare a leggi "meno vergognose" varate dal centrosinistra) e altro ancora.
Il riaccendersi del disagio sociale negli ultimi anni ha messo in crisi a sinistra l’abituale disarmonia tra partiti e movimenti. Sono mutate le altre forze del centrosinistra? Forse sì o forse no; non è questo il punto. Ad essere mutata è la struttura sociale con cui ci confrontiamo. Ieri eravamo pressochè solitari nelle lotte contro la guerra e contro l’abbattimento dei diritti; se oggi non è più così è perché i movimenti ed i conflitti sociali hanno contaminato e cortocircuitato persino le dinamiche delle forze moderate del centrosinistra, rendendo possibili nuove prospettive nella costruzione di un’alternativa a Berlusconi.
Tutto bene, tutto risolto, quindi? No; e sarei scorretto se lo affermassi. In una parte del movimento c’è un senso di disagio; anche le candidature ipotizzate a fine agosto lo dimostrano. Poco importa che Don Gallo abbia rinunciato ad ufficializzare la propria candidatura o che altri, al contrario, la presentino: Don Gallo, Don Vitaliano e vari rappresentanti della sinistra "antagonista" o "disubbidiente" hanno sollevato in questi giorni questioni essenziali: l’amnistia per le lotte sociali (Genova, e non solo...) la chiusura dei CPT, la sconfessione delle strategie repressive nella lotta contro le tossicodipendenze, le condizioni incivili ed inaccettabili delle carceri italiane, un fermo "basta" alle privatizzazioni dei servizi essenziali (penso all’acqua), eccetera.
Tutte questioni che, ad onor del vero, già risultano nell’agenda di Rifondazione Comunista, ma non è questo il punto: queste istanze non devono essere solo "presenti", ma costituire elemento caratterizzante di quell’agenda. Credo che questi settori del movimento abbiano fatto bene a far sentire la propria voce: bisogna evitare che dal confronto dialettico fra i vari candidati scompaiano queste istanze. Ma le parole di Don Gallo e di Don Vitaliano pongono anche un altro problema, che dal punto di vista di Rifondazione è persino più importante: certe aree del movimento evidentemente sentono un deficit di confronto con i partiti della sinistra, non esclusa Rifondazione. E ritengo che non sia tanto importante accertare se si tratti di un deficit reale o meno, quanto preoccuparsi in ogni caso del fatto che questo deficit venga percepito da interlocutori a cui dobbiamo sempre guardare con attenzione ed amicizia. La candidatura di Bertinotti dunque deve NON SOLO costituire la risposta a quelle domande, ma pure proporre un approccio metodologico più efficace verso il movimento: sicuramente il segretario di Rifondazione farà bene ad incontrarne i vari rappresentanti nella fase preparatoria delle primarie e soprattutto a pianificare futuri contatti, in modo che questi non siano una sporadica eccezione ma uno dei punti fermi del percorso politico di Rifondazione, e che il movimento non debba più sentirsi inascoltato.
Oggi la sinistra deve sapersi rivolgere ad un modello nuovo ed eterogeneo di elettore. Uomini e donne che rifiutano di abbandonarsi ad appartenenze puramente ideologiche ed identitarie, ma preferiscono seguire tensioni ideali che li hanno portati da Genova a Firenze a Roma, ad interessarsi di una guerra lontana solo in apparenza, dei migranti, a rifiutare la logica della violenza e di tutti i terrorismi (ivi compreso quello mascherato da "guerra preventiva"). La candidatura di Bertinotti deve rivolgersi proprio a questo popolo multicolore, nell’intento di intercettarne inquietudini e aspirazioni.
Piaccia o meno, l’influenza che avrà la cosiddetta sinistra radicale all’interno dell’Unione e, presumibilmente, del futuro governo, dipenderà in buona parte dal risultato di Bertinotti alle primarie di ottobre. Questo è un dato di fatto incontestabile, e su questo dovrebbe riflettere chiunque abbia a cuore le istanze portate dalla sinistra radicale: chi teme che all’interno dell’Unione esse finiscano annacquate o peggio dovrebbe domandarsi cosa ne sarà nel caso di un risultato insoddisfacente alle primarie da parte del segretario di R.C.
Se la sinistra alternativa non vuole ridursi a tanti cespuglietti all’ombra di quello che è stato l’Ulivo deve capire l’elemento di novità che sta dietro questa candidatura e dietro le primarie in generale; deve capire che le differenze al suo interno sono un patrimonio da conservare e valorizzare, ma non devono costituire un ostacolo all’azione comune. E deve soprattutto capire che il perseguire ancora logiche identitarie consentirà forse ad ognuno di coltivare il proprio orticello elettorale senza sporcarsi le mani e la coscienza, ma risulterà ben poco utile se l’obbiettivo è (come spero) cambiare questa Italia che il governo Berlusconi ha devastato NON SOLO nell’economia, ma pure nel tessuto sociale e, cosa che più conta, nel tessuto dei diritti.