Home > La crisi del PdCI: sotto il vestito ... niente?
La crisi del PdCI: sotto il vestito ... niente?
Publie le giovedì 1 dicembre 2005 par Open-Publishing8 commenti
di Ok. Tober
Le contraddizioni esistenti nella politica del PdCI sono esplose nei giorni scorsi a seguito della intervista data da Cossutta al Corriere della Sera e hanno aperto una crisi in questo partito che non potrà essere sanata con qualche compromesso di facciata. Non riprendiamo i temi che sono già stati oggetto di nostre precedenti analisi, e che ci sembrano largamente verificati nelle vicende di questi giorni.
Il fatto politicamente rilevante è il rapidissimo esaurirsi della prospettiva della lista Arcobaleno, la cosiddetta “bicicletta” fondata sul patto tra i Verdi e il PdCI, in vista delle prossime elezioni politiche. Lo sfilarsi del partito di Pecoraro Scanio da questa opzione, ha interamente confermato le tesi di chi vi vedeva una operazione dal contenuto politico assai modesto. Chi si fosse preso la briga di seguire le diverse dichiarazioni pubbliche dei vari soggetti coinvolti progetto, poteva cogliere una vera e propria babele di argomentazioni e di motivazioni contrastanti tenute insieme da un generico appello all’unità.
Determinante nel far fallire l’Arcobaleno è stato il cambio di legge elettorale, ma sicuramente anche l’esito delle primarie dell’Unione con il pessimo risultato ottenuto da Pecoraro Scanio che ha indotto i Verdi a non azzardare un connubio con Diliberto e Cossutta, i cui benefici politici ed elettorali erano in realtà molto incerti. Ma se i Verdi possono comunque giocare su due diverse opzioni, integrarsi in un lista unitaria dell’Ulivo o puntare con buone probabilità a superare la soglia del 2%, chi è rimasto col cerino in mano da tutta la vicenda è sicuramente il PdCI.
Il partito di Diliberto e Cossutta aveva scommesso sull’Arcobaleno non tanto per garantirsi qualche seggio in più nella quota proporzionale, quanto per sottrarre a Rifondazione Comunista il ruolo di principale punto di riferimento dell’area di sinistra all’interno dell’Unione. Inoltre contava di fornire una sponda politica alla confluenza nella maggioranza della CGIL, dalla componente dell’apparato guidata da Patta.
Fallita abbastanza miseramente l’operazione Arcobaleno, per il PdCI si apre una fase molto difficile perché le prossime elezioni non garantiscono il raggiungimento della soglia del 2% per l’ingresso alla Camera dei Deputati. Solo al Senato potrebbe contare sul quorum in un paio di Regioni. L’esclusione dal Parlamento metterebbe in discussione la stessa sopravvivenza del partito. Ma con la nuova legge elettorale l’eventuale fallimento del PdCI potrebbe persino mettere in forse la vittoria dell’Unione nei confronti del centro-destra. Si avrebbe così un autentico paradosso: un partito nato per salvare Prodi in nome della paura della destra, sarebbe determinante nel consegnare il governo nuovamente a Berlusconi.
Pubblicamente Diliberto e i suoi si dichiarano convinti di poter superare la soglia del 2% basandosi sulle percentuali ottenute nelle europee del 2004 e nelle regionali del 2005. In realtà i rischi sono notevoli. I sondaggi collocano il PdCI ormai stabilmente tra l’1,5 e l’1,7%. E anche se la loro affidabilità è limitata, possono influire sull’elettore incerto che sarebbe pienamente consapevole del rischio di buttare il proprio voto. Anche i dati elettorali delle precedenti elezioni collocano questo partito in una zona a rischio. Per quanto è possibile prevedere occorreranno almeno 850.000 voti per essere ragionevolmente sicuri di superare la soglia. Il PdCI non ha mai raggiunto questa cifra. Nelle precedenti politiche era di poco sopra ai 600.000 voti ed anche nelle europee del 2004, quando ha ottenuto il miglior risultato dalla sua fondazione, ha raccolto solo 780.000 voti.
E’ questa consapevolezza che probabilmente ha spinto Cossutta a rilasciare l’intervista al Corriere della Sera, per cercare di giocare l’ultima carta disponibile nel confronto con i Verdi, la rinuncia al simbolo. Un calcolo che gli si è rivoltato contro, perché con le sue dichiarazioni sul “comunismo che non c’è più” ha fatto esplodere la contraddizione difficilmente risolvibile per il PdCI, tra spregiudicatezza politica necessaria a far sopravvivere “la ditta” e retorica identitaria che ne copre il vuoto di pensiero e di strategia.
Con la crisi di questi giorni sono saltati gli equilibri della diarchia Diliberto-Cossutta, sono venute alla luce pubblicamente le differenze di posizioni esistenti nel partito, tenute finora coperte dal meccanismo burocratico-autoritario del “centralismo democratico”, ma soprattutto si stanno registrando gli effetti di alcune pesanti sconfitte politiche subite in questi mesi.
Non c’è solo il fallimento della lista Arcobaleno, rispetto alla quale non è prevedibile alcuna riflessione critica, ma anche il clamoroso errore commesso sulle primarie. Per mesi Diliberto ha parlato di carnevalata, pagliacciata, americanata e tutto quello che di insultante e sprezzante poteva dire su questo strumento. Mentre il segretario del PdCI andava in Cina, oltre quattro milioni di elettori dell’Ulivo partecipavano con grande entusiasmo e passione alla scadenza elettorale interna dimostrando di considerarla ben altro che una carnevalata. Anche in questo caso totale assenza di riflessione sul significato di quanto accaduto e sull’errore madornale compiuto. Inoltre il PdCI allineatosi alla campagna per Prodi, svolgendo un ruolo del tutto subalterno, ha lasciato il campo del confronto politico a Bertinotti e a Pecoraro Scanio.
Ci sono state poi le elezioni comunali di Bolzano, nelle quali il PdCI si è presentato da solo in polemica con il “moderatismo” della coalizione di centro-sinistra. Il tentativo di ricollocarsi “a sinistra” di Rifondazione, dopo aver condotto per anni una polemica “da destra” contro il “massimalismo”, “l’estremismo” e quant’altro di Bertinotti ha avuto un esito disastroso. Tra maggio e novembre il PdCI ha dimezzato i propri voti e ha perso l’unico consigliere comunale che aveva.
La scelta compiuta a Bolzano così come la decisione, rumorosa ma politicamente ininfluente, di abbandonare il tavolo programmatico dell’Unione sulla politica estera sembrano indicare un tentativo di modificare la collocazione del PdCI all’interno del centro-sinistra. Assente dalla campagna delle primarie, aveva una indubbia esigenza di recuperare una qualche visibilità. Ma il rischio di inviare segnali contradditori agli elettori è palese. Il partito che è rimasto al governo quando il centro-sinistra partecipava alla guerra e bombardava la Jugoslavia per “senso di responsabilità”, rompe con l’Unione nel momento in questa decide - seppure con qualche contraddizione - di sfilare l’Italia dalla partecipazione ad un conflitto.
Dopo la resa dei conti in Direzione che ha indebolito Cossutta e sancito il primato di Diliberto negli equilibri di potere interni, il PdCI non sa più bene che strategia perseguire e a quale elettorato rivolgersi. Ha deciso che si terrà la falce e martello, ma un simbolo non fa una politica. Insomma, sotto il vestito...niente?
Messaggi
1. > La crisi del PdCI: sotto il vestito ... niente?, 1 dicembre 2005, 10:52
Ma stai zitto ok tober, e aggiungo, come ha detto Materazzi a Moggi: ognuno guardi in casa propria. Che c’è, a voi di Rifondazione sta ancora sullo stomaco il fatto che il PdCI ha avuto un ministero nel governo D’Alema, e voi siete usciti portando ancora il marchio infamante di quelli che avete spianato la strada a Berlusconi? Credevate di battere Prodi alle primarie, di poterlo scalzare senza far rivedere il vostro marchio, e invece avete voi miseramente fallito. E comunque ve lo ripeto, massimalisti da salotto, come del resto Bertinotti, voi non supererete la soglia del 5-8% massimo. Potete avere anche Folena dalla vostra, ma il risultato sarà quello, noi invece supereremo largamente il 2%, e poi si vedrà.Anzi perderemo per causa vostra, perché fate del conflitto (con Cofferati, con la Bresso) la vostra unica strategia dietro alla quale non sapete più cosa fare. Quindi mi sa che nel PRC, sotto il vestito, ci sia il nulla più assoluto.
1. > La crisi del PdCI: sotto il vestito ... niente?, 1 dicembre 2005, 15:56
Ma, quello che io ho ancora sullo stomaco e... Praga.
Eh si, non si dimentica, non si dimentica che l’esperienza la piu prossima della democrazia socialista nella storia e stata assassinata dai blindati di Brezhnev, con l’applauso del compagno Cossutta.
Eh si, scusate, ma non si dimentica.
C.Zecho
2. > La crisi del PdCI: sotto il vestito ... niente?, 15 dicembre 2005, 22:49
NEMMENO COL "COMPAGNO" CONSORTE , RAS DI UNIPOL, LO DOBBIAMO FARE IL "CONFLITTO" ?
COSI’, TANTO PER SAPERE .......
2. > La crisi del PdCI: sotto il vestito ... niente?, 1 dicembre 2005, 11:43
se la mettiamo così...
è il vestito della rappresentanza politica a svelarsi per quello che è: NULLA
ed infatti mostra che "i re" sono nudi, siano essi bertinotti od il cossutta... dalemino o mr. mortadella... berlusconi o fini ecc...
il futuro governo prodi ci verrà presto a dire che "per colpa del prcedente" è costretto a chiedere sacrifici... che per questioni di stato e di real politik si dovrà pazientare sul ritiro dei soldati... e se dovesse essere il caso li si dovrà mandare ma per "fare la pace".. (come in jugoslavia...)... la moratti sulla scuola verrà modificata di un nulla visto che la "madre di tutte le boiate" è l’autonomia scolastica di berlinguer... che la legge fini-bossi è odiosa ma... come insegna il cofferati si deve pur fare rispettare... che...
e voi state a litigare sul due per cento (DICO IL 2% !!!!!!!!!!!!!)...
boh! continuate così... fatene una questione di voti e non di sostanza... divertivi nel vostro teatrino della politica...
siamo talmente messi male stiamo a scannarci su queste cose... mah!
continuiamo così...
3. > La crisi del PdCI: sotto il vestito ... niente?, 5 dicembre 2005, 11:48
sarà vero che il pdci sta passando un momento difficile. certamente per gli errori dei suoi dirigenti. ma non c’è niente di cui rallegrarsi, nemmeno se si è di rifondazione. quello che sosteniamo da tempo è che la sinistrq italiana ha bisogno di riunificarsi. perche solo così possiamo diventare un soggetto politico di riferimento. se la sinistra si unisse (o si federasse)potrebbe essere la terza forza piu grande del paese, questo ci consentirebbe di contare molto di piu di quello che possiamo fare adesso. si dovrebbe cominciare dall’assumere un atteggiamento diverso tra di noi (almeno la base di sinistra): invece di dare spago alle beghe dei capi, potremmo provare ad alimentare uno spirito e delle politiche collaborative. in fondo noi, e qui sta la grossa differenza tra una federazione di sinistra e una fed riformista, noi veniamo dallo stesso ceppo e siamo portatori delle stesse idee e della stessa tradizione politica; i riformisti, invece , sono un miscuglio di almeno quattro tradizioni politiche diverse, che fino a ieri erano in forte concorrenza tra loro.
michele. ischia
4. > La crisi del PdCI: sotto il vestito ... niente?, 15 dicembre 2005, 01:24
L’analisi di Ok. Tober è come sempre ai limiti dell’antipatia, ma sa infilare molto bene il dito nelle piaghe...
Rincaro la dose..Il PdCI, dietro l’esercizio tattico e la riproposizione liturgica e puramente evocativa dell’universo simbolico comunista, nasconde il vuoto pneumatico sul piano strategico...basta scorrere il forum del partito per rendersene conto...raffiche di interventi astiosi, proclami roboanti quanto sterili, verbose dichiarazioni di ortodossia militante, il tutto condito da attacchi sistematici al PRC e al suo segretario, attorno ai quali evidentemente si definisce la stessa identità politica...ovvero una partito che si modella "in rapporto a"...
Puri esercizi di sopravvivenza di una ristretta comunità...
Rimane l’amarezza nel vedere come il triste tramonto di un’avventura politica nata malamente trascini con sè tanti compagni...
5. > La crisi del PdCI: sotto il vestito ... niente?, 4 aprile 2006, 00:55
solo invidia di rifondaroli che nemmeno sanno cosa è il comunismo.Per voi il comunismo e la militanza politica è moda,per noi del pdci dovere di cambiare una società ingiusta basandoci sul sempre attuale Marx.Dove eravate in occasione delle lotte per gli operai di Melfi? Chissà,allora SILENZIO
1. > La crisi del PdCI: sotto il vestito ... niente?, 4 aprile 2006, 01:05
Notoriamente non sono di Rifondazione.
Ma ricordo pure benissimo che Bertinotti, durante la lotta di Melfi, era precisamente a Melfi !
Vediamo quindi di non sparare cazzate per rubacchiare qualche voto ma invece cerchiamo di fare in modo che la cosiddetta "sinistra radicale" tutta insieme riesca a pesare qualcosa nel futuro governo dell’ Ulivo.
Perche’ ho francamente l’impressione, coi Montezemolo, i Della Valle, i Geronzi schierati col centrosinistra, che ci sia gia’ una seria ipoteca di costoro sulle future politiche economico/sociali del governo di centrosinistra ....
Keoma