Home > L’Italia a Rangoon: legno, preziosi e motori
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Dossier della Cisl sulle aziende italiane in affari con la giunta: da Bulgari a FoppaPedretti, passando per Avio.
de JUNKO TERAO
Con la giunta militare birmana si fanno buon affari: il business italiano col governo che da due settimane usa il pugno di ferro per reprimere le manifestazioni pro-democrazia iniziate dai monaci buddisti ammonta quest’anno a quasi 121 milioni di euro.
A rivelarlo è la Cisl, che ieri ha fatto nomi e cognomi degli italiani che commerciano col regime di Rangoon. E in serata, sempre ieri, sono arrivati i primi effetti: il ministero degli esteri ha convocato per la settimana prossima tutte le aziende, circa 360, contenute nella lista.
E’ lungo l’elenco delle imprese italiane grandi e piccole che fanno affari con Rangoon, e che quest’anno hanno importato dalla Birmania soprattutto legname, abbigliamento e pietre preziose per un totale di 59.592.916 euro.
Tra i nomi eccellenti, fiori all’occhiello del lusso made in Italy come Bulgari, che quest’anno ha importato preziosi per circa 386mila euro. VanCleef & Arpels, leader francese del settore preziosi - di cui risulta una divisione in Italia - sul sito web pubblica un codice etico di tutto rispetto, dichiarando tra l’altro che «l’azienda crede nei diritti umani fondamentali e la dignità degli individui in conformità con la dichiarazione delle Nazioni Unite e si impegna a rispettarli».
La giunta birmana, che dei diritti umani se ne infischia, quest’anno ha intascato 4,8 milioni di euro da Van Cleef & Arpels, una cifra che fa guadagnare all’azienda il secondo posto nella lista degli importatori.
Ma dalla Birmania non arrivano solo beni di lusso. A far la parte del leone tra le importazioni è il pregiato teak birmano. Decine di aziende comprano il robusto legno tipico del sudest asiatico per fabbricare mobili, parquet e oggetti d’arredamento acquistabili a prezzi contenuti anche nei negozi della grande distribuzione. Oviesse e Auchan sono gli altri nomi che saltano agli occhi scorrendo la lista.
Il Gruppo Coin, proprietario di Oviesse, lega il suo codice di comportamento alla Dichiarazione dei diritti del fanciullo, alla dichiarazione dei diritti umani e alla convenzione Ilo (Organizzazione internazionale del lavoro), dichiarando di rispettare i valori etici e sociali.
Ma qualcosa non torna, visto che la Cisl denuncia proprio il mancato rispetto della convenzione Ilo del 2000, con cui si chiede di «cessare qualsivoglia rapporto che possa comportare un effetto diretto o indiretto di aiuto e di favoreggiamento del lavoro forzato».
C’è poi chi, come Foppapedretti e la meno nota Margaritelli, vantano certificazioni per la rintracciabilità di prodotti provenienti da risorse ecosostenibili. In altre parole garantiscono che il loro legno proviene da foreste gestite in maniera corretta e responsabile secondo rigorosi standard ambientali, sociali ed economici: come la Birmania rientri in questi standard non è dato saperlo.
In Birmania non si acquista soltanto: è di circa 60 milioni di euro il giro di affari delle esportazioni. Tra le aziende compare la Avio Spazio Difesa che, insieme alla Avio Spa, ha fatturato quest’anno circa 1 milione e 400mila euro. Leader nella propulsione aerospaziale, come recita il suo sito internet, la Avio è specializzata nella produzione di motori e componenti militari e vanta, tra le altre, la collaborazione con le nostre forze armate.
Nel dossier della Cisl non è indicato cosa venda esattamente ai generali birmani. «Le imprese italiane non possono macchiarsi le mani di sangue mantenendo relazioni con l’odierna giunta militare che ha sotto il suo tallone un intero popolo, vessato, torturato e ucciso»: così il segretario della Cisl Raffaele Bonanni ieri si è rivolto all’assemblea regionale veneta a Padova, puntando il dito contro le aziende della lista incriminata. Anche in vista delle possibili attività economiche con una futura democrazia birmana, Bonanni ha invitato gli imprenditori italiani ad evitare di mantenere rapporti con il regime attuale.
Un monito rivolto anche a un altro settore interessato, quello del turismo. Sono diversi, infatti, i tour operator che organizzano viaggi nel paese del sudest asiatico. Il dibattito sulla questione se sia più o meno giusto visitare il paese con la consapevolezza che gli introiti del turismo finiscono nelle tasche dei generali è riportato anche sulle guide turistiche.
Ma finora gli italiani che hanno scelto la Birmania come meta delle loro vacanze, circa 20mila ogni anno, hanno potuto scegliere tra tour organizzati da Francorosso, Viaggidea, Viaggi del Mappamondo, Rallo Luxury Travel, Gastaldi, Hotelplan, Il Tucano viaggi, tra i più conosciuti.
E proprio ieri sera, alla vigilia della conferenza di Bonanni, gli operatori che aderiscono al gruppo Astoi e Fiavet hanno dichiarato la sospensione dei viaggi in attesa degli sviluppi della situazione. *Lettera22