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Israele aveva promesso: "distruggeremo mezzo Libano"
Publie le domenica 6 agosto 2006 par Open-PublishingDazibao Guerre-Conflitti medio-oriente Franco Ferrari
di Franco Ferrari
Il prudente Bernardo Valli, inviato-principe di Repubblica si pone l’interrogativo, dopo la strage dei bambini di Cana compiuta dall’esercito israeliano, se quello che sta accadendo in Libano si configuri come una rappresaglia collettiva. Sono ormai sempre meno, a parte i consueti propagandisti d’ufficio della politica di Israele, a credere nella casualità di una catena così lunga di “errori” e “incidenti” attribuiti al fatto che i miliziani di Hizballah si farebbero scudo della popolazione.
E’ bene ricordare che in occasione della precedente strage di Cana, quando l’aviazione israeliana bombardò il campo ONU dove si erano rifugiati numerosi civili, uccidendone più di 100 e ferendone molti altri, una inchiesta delle Nazioni Unite arrivò a determinare la volontarietà e la predeterminazione della strage.
Ma a chiarire in modo inequivocabile i caratteri dell’azione militare israeliana è una esplicita dichiarazione rilasciata dal generale israeliano Eival Giladi e riportata in uno studio da poco pubblicato da parte dell’International Crisis Group, un autorevole centro studi con sede a Bruxelles e le cui analisi sulle aree di conflitto sono sempre molto ricche di informazioni.
Intervistato a Tel Aviv il 25 marzo scorso, prima dello scoppio dell’attuale crisi, il Generale Giladi spiegava a quali condizioni Israele avrebbe allargato il conflitto con i miliziani libanesi di Hizballah, quali obbiettivi si sarebbe posto e quali mezzi avrebbe utilizzato. Giladi presentava il tutto come suoi “consigli” alle autorità, ma considerato che lo stesso generale è stato poi nominato dal primo ministro israeliano Olmert come direttore del Coordinamento Strategico per il ritiro da Gaza, è facile intuire che i suoi “consigli” non sono rimasti inascoltati.
In caso di escalation nel conflitto latente con la guerriglia libanese non avrebbe senso per Israele trovarsi alla fine con gli stessi equilibri esistenti prima del conflitto, secondo il generale. Gilad prevedeva una possibile azione militare di Israele in caso di attacchi da parte di Hizballah ai civili e non a obbiettivi militari e l’utilizzo di katyuscia al posto dei missili anti-carro. In questo caso dovremo rispondere: “quando lo faremo -precisa il Generale Gilad - dovremo essere probabilmente MOLTO DEVASTANTI E DISTRUGGERE MEZZO LIBANO.
Perché? Non perché vogliamo distruggere il Libano ma perché vorremmo che la comunità internazionale venisse e dicesse fermatevi e allora noi diremmo OK rivolgetevi al governo libanese e ditegli: estendete la vostra sovranità al sud, dispiegate lì le forze libanesi e liberatevi di Hizballah”
Il rapporto dell’International Crisis Group definisce questa analisi “preveggente”.
Anche sulla base di queste affermazioni, corroborate dai comportamenti tenuti dagli israeliani in molte occasioni e soprattutto nei confronti dei palestinesi, si può quindi ritenere che il governo e i militari israeliani abbiano deliberatamente scelto di colpire i civili libanesi.
Probabilmente consapevole che la sua iniziativa militare non cancellerà la presenza di Hizballah, che è un movimento molto radicato nella comunità sciita e che gode di prestigio anche in altri settori della società libanese per il ruolo di forza di liberazione nazionale che ha svolto quando Israele occupava il sud del Paese, il governo di Olmert desidererebbe che qualcun altro procedesse allo smantellamento e al disarmo della guerriglia. Per questo, il governo israeliano, sapendo che l’esercito libanese non accetterebbe di riaprire la guerra civile intervenendo contro Hizballah, non ha escluso la presenza di una forza multinazionale di interposizione al confine tra Israele e Libano. Una forza militare preferibilmente guidata dalla NATO, in modo da garantire il controllo politico-militare degli USA, con il compito di completare il lavoro da loro iniziato con i bombardamenti di questi giorni.
Una forza multinazionale con queste caratteristiche e questi obbiettivi sarebbe del tutto inaccettabile perché diventerebbe uno strumento della strategia politico-militare degli Stati Uniti e di Israele e parte attiva del conflitto in corso. Ben diversa sarebbe una presenza che rispondesse all’ONU, fosse accettata preventivamente da tutte le parti del conflitto e avesse compiti di garanzia all’interno di un processo di pace che preveda la soluzione della questione palestinese secondo il principio dei due popoli e dei due Stati.