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I GRUPPI COMUNISTI NEL LABIRINTO IRACHENO

Publie le venerdì 23 dicembre 2005 par Open-Publishing

Dazibao Partiti Elezioni-Eletti medio-oriente Franco Ferrari

di Franco Ferrari

Il 15 dicembre si sono tenute in Iraq le elezioni politiche per le elezioni del nuovo Parlamento formato sulla base della Costituzione approvata dal referendum dello scorso ottobre. La partecipazione a voto è stata alta ed in particolare si è registrata una forte affluenza nelle aree a dominanza sunnita che avevano boicottato i precedenti appuntamenti elettorali. Questo dato fa emergere una differenziazione importante tra le forze che si battono contro l’occupazione americana attraverso la guerriglia e la resistenza armata. Di quello che viene definito come il “campo anti-occupazione”, che comprende tutti coloro che non hanno finora partecipato al processo politico messo in piedi dagli Stati Uniti dopo la caduta del regime di Saddam Hussein, solo il Partito Baath, con una dichiarazione diramata il 10 dicembre ha fatto appello al boicottaggio del voto.

Altri gruppi della resistenza militare di orientamento islamico o “tribale” (sunnita), hanno dichiarato che non avrebbero impedito le votazioni, ed in qualche caso si sono impegnati a difendere con la forza la possibilità dei cittadini delle zone da loro controllate di esprimere il proprio voto. Secondo osservatori vicini alle forze della resistenza militare si starebbe allargando il conflitto tra settori anti-occupazione e i gruppi che vengono fatti risalire alla galassia di Al-Qaeda e alle organizzazioni degli islamisti radicali cosiddetti “taqfiristi” o “salafiti”. Tra i fattori che sono all’origine della divaricazione anche il comportamento di questi gruppi armati nella battaglia di Falluja del 2004 (quando gli Stati Uniti hanno utilizzato il fosforo bianco) che avrebbero scelto una strategia tale da favorire il massimo coinvolgimento della popolazione civile negli scontri. Inoltre una parte del fronte anti-occupazione accusa questi settori, con il boicottaggio armato del referendum sulla Costituzione, di averne di fatto consentito l’approvazione facendo il gioco degli Stati Uniti.

E’ presto per dire se le elezioni del 15 dicembre porteranno effettivamente ad un mutamento del panorama politico iracheno e sposteranno l’azione principale dei gruppi armati sul terreno della lotta politica e non più militare. Restano per ora divise le numerose organizzazioni comuniste, in gran parte nate da scissioni più o meno significative del PC Iracheno. Quello che segue è un tentativo di aggiornare la mappa delle posizioni assunte da questi gruppi.

Partito Comunista Iracheno

Il PC Iracheno costituisce la principale forza politica di ispirazione comunista attiva in Iraq. Dal 1979, quando ha rotto la sua alleanza con il regime del Baath, si è sempre mantenuto all’opposizione e ha partecipato a diverse coalizioni formate da islamici moderati, baathisti dissidenti e socialisti arabi. Ha criticato la decisione americana di scatenare la guerra ma ha ugualmente deciso di partecipare alle istituzioni messe in piedi dal proconsole americano Bremer.

Il PCI chiede la fine dell’occupazione militare ma ritiene che questa sia realizzabile attraverso il consolidamento di istituzioni politiche democratiche. Per questo partecipa al governo di transizione, guidato da un islamico moderato e sostiene i vari passaggi elettorali destinati - almeno questa è la loro convinzione - a riportare l’Iraq sotto il controllo degli iracheni.

Nelle elezioni di gennaio si è presentato con una lista intitolata Unione del Popolo che ha raccolto un risultato nettamente inferiore alle aspettative. Con 70.000 voti, pari ad un modesto 0,83%, ha comunque potuto ottenere 2 seggi. La branca kurda del partito, che gode di una ampia autonomia, si è presentata alle elezioni all’interno della lista dominata dal PDK e dal PUK, le due maggiori formazioni politiche kurde. Questa scelta è stata confermata anche per l’appuntamento elettorale del 15 dicembre, mentre il PCI ha deciso di allearsi nella lista di Iyad Allawi, ex primo ministro, proveniente dal Baath ma per diversi anni stretto collaboratore degli Stati Uniti. Allawi ha formato una coalizione di forze secolariste e multietniche. In gennaio Allawi aveva raccolto il 13,8% dei voti, collocandosi al terzo posto, dopo le coalizioni degli sciiti di Al Sistani e quella dei kurdi.

Il PC Iracheno si batte per un Irak, unito, democratico, laico e federale. Non vuole il ritorno al potere dei sostenitori di Saddam Hussein, e per questo si oppone alla resistenza militare, ma teme anche il prevalere delle forze islamiche sciite che porterebbero il paese sulla strada di un nuovo regime autoritario, e ne favorirebbero la disgregazione su base etnico-religiosa. Ha dato un giudizio complessivamente positivo della nuova Costituzione ma ne ha criticato alcuni aspetti, in particolare la regressione dei diritti delle donne.

Il segretario è Hamid Majid Mousa e nell’attuale governo può contare sul ministero della cultura. Se il suo peso elettorale è modesto, la sua influenza deriva soprattutto dalla forte presenza che detiene nella direzione della Federazione Sindacale Irachena (IFTU). Ha subito gli attacchi della guerriglia e alcuni dirigenti comunisti sono stati assassinati, tra cui un importante leader sindacale.

Il PC Iracheno mantiene rapporti con i PC tradizionali, come il PC greco stalinista, il PC degli Stati Uniti o il PC tedesco (DKP) e respinge le critiche di “collaborazionismo” che gli piovono da varie parti, ritenendo che non vi sia in alternativa alla politica perseguita, se si vuole far uscire il paese dalle condizioni drammatiche in cui si trova per effetto della dittatura di Saddam Hussein, della guerra e della occupazione militare degli Stati Uniti.

Partito Comunista Operaio Iracheno

Questo gruppo, a differenza degli altri che citeremo, non deriva da una scissione del PCI, ma si è formato nel 1993 a seguito dell’unificazione di piccoli gruppi dell’estrema sinistra, attivi soprattutto nella zona kurda, sotto l’influenza del Partito Comunista Operaio dell’Iran.

Il PC Operaio si fonda sulle elaborazioni di un marxista iraniano scomparso nel 2002, Mansoor Hekmat, che ha criticato tutte le correnti comuniste esistenti, ritenendo che si dovesse tornare alle radici umaniste e radicali del marxismo per dar vita ad un comunismo-operaio.

Il PCOI si è opposto alla guerra e continua a contrastare l’occupazione americana. Non ha partecipato alle istituzioni politiche messe in piedi dopo la guerra dagli occupanti, ma è anche il più violento nella polemica contro la resistenza che definisce come una forza religiosa estremista ed etnocentrica e pertanto reazionaria. Il PC Operaio ha sviluppato una critica accesa contro ogni forma di nazionalismo e di integralismo religioso. E’ piuttosto settario in quanto rifiuta ogni alleanza con altre forze politiche e considera tutte le altre componenti comuniste come borghesi.

Ha invitato il popolo iracheno a boicottare le elezioni di dicembre in quanto favorirebbero le tendenze islamiche e etnocentriche anziché una vera democrazia.

E’ attivo soprattutto nell’organizzare i lavoratori sul piano sindacale e le donne contro ogni forma di limitazione dei loro diritti. Ha dato vita ad una Unione dei Disoccupati che dichiarava 130.000 aderenti alla fin del 2003. Non partecipa alle elezioni e non è facile verificare il suo seguito reale. Il suo segretario è Rebwar Ahmed. Ha subito due piccole scissioni, da cui sono nate l’Unione dei Comunisti Iracheni e il Partito Comunista Operaio d’Iraq di Sinistra. Quest’ultimo collegato ad una analoga scissione avvenuta nel partito “fratello” iraniano.

Partito Comunista Iracheno (Direzione Centrale)

Le origini di questa organizzazione - a volte definita anche come “Comando Centrale” - risalgono ad una scissione del PC Iracheno avvenuta nel settembre del 1967. I promotori della nuova organizzazione rappresentavano l’anima più radicale del partito ed erano favorevoli ad impegnarsi nella lotta armata. Sul piano internazionale non si schieravano né con l’URSS, né con la Cina, mentre il resto del PCI (per un certo periodo identificato come “Comitato Centrale” per distinguerlo dagli scissionisti) era rigidamente filosovietico.

Nel febbraio 1969 tutti i suoi principali dirigenti vennero arrestati. Il partito venne ricostruito sotto la guida di Ibrahim Allawi, che ne è tuttora il leader. Dopo essersi alleato fino alla metà degli anni ’70 con il KDP di Balzani veniva ulteriormente indebolito dalla crisi di quest’ultima organizzazione, subendo diverse scissioni e l’allontanamento di numerosi militanti. Per diversi anni la sua stessa esistenza è rimasta incerta.

Ora si è riorganizzato in esilio attraverso la formazione dei “Democratici Iracheni contro l’Occupazione” e in Iraq con la pubblicazione del settimanale Al-Ghad. Guarda con favore alla resistenza contro gli Stati Uniti, che ritiene alimentata dal sentimento patriottico e dalla diffusa disoccupazione. Sostiene la necessità di costituire un’ampia alleanze di forze contrarie all’occupazione che dovrebbero dar vita ad una amministrazione interimaria. Questa amministrazione, che dovrebbe basarsi su una coalizione di forze politiche, dovrebbe organizzare nuove elezioni nazionali. Il PCI (Direzione Centrale) si oppone alla politica settaria (in senso etnico-religioso), lotta per la democrazia e per elezioni libere, per l’unità e l’indipendenza dell’Iraq. Chiede la fine immediata dell’occupazione.

Il suo sito in inglese ha pubblicato una proposta di dialogo e di accordo, datata 11 dicembre 2005, che rifletterebbe la visione della “resistenza nazionale irachena e di altre importanti forze politiche contrarie all’occupazione”. Questa proposta prevede il ritiro degli americani entro sei mesi, il cessate il fuoco della resistenza, la formazione di un governo transitorio scelto tra le forze della resistenza e che non abbiano collaborato all’occupazione, garantito dal Consiglio di Sicurezza dell’ONU. Questo piano prevede la possibilità di installazione di forze militari arabe con funzioni di peace-keeping. Non è chiaro se questa proposta di soluzione del conflitto conti effettivamente sull’appoggio delle forze che animano la lotta (militare e non) contro l’occupazione. Né si vede peraltro come si possa escludere da una soluzione politica i partiti che hanno partecipato alle istituzioni politiche messe in piedi dagli Stati Uniti, dato che dispongono di un indubbio seguito di massa soprattutto fra i curdi e gli sciiti.

Partito Comunista Iracheno (Quadri)

La scissione dal PCI di questo gruppo risale al 1985 e il suo principale leader è Nouri al-Mouradi. La sua consistenza effettiva è incerta, ma ha avuto una certa notorietà internazionale perché un suo appello ai partiti comunisti diffuso nel 1993 è stato rilanciato su molti siti Intenet e sulla stampa (tra cui il Manifesto). In questo testo il gruppo di al-Mouradi polemizzava aspramente con i dirigenti del PCI Iracheno accusati di essere “collaboratori e informatori della destra anglo-sionista”.

Questo appello e un successivo documento pubblicato in inglese, forniscono ulteriori elementi del profilo ideologico e politico di questo gruppo, che lasciano piuttosto perplessi.. Il PCI (Quadri), che sostiene apertamente la resistenza militare, dichiara di aver rinunciato all’ateismo e ha provveduto ad una rivalutazione delle correnti estremiste dell’islamismo, valutando favorevolmente il ruolo “anti-imperialista” assunto da Osama bin-Laden. Il movimento Salafita (estremista islamico) viene considerato parte integrante della lotta contro l’imperialismo. Gli attentati di New York dell’11 settembre, secondo il gruppo di al-Mouradi, non possono essere considerati “legalmente” atti terroristici in quanto l’America e al-Qaida erano già in guerra tra loro. Il PCI (Quadri) non riconosce la legittimità dell’esistenza di Israele.

Nell’agosto 2004 il gruppo dei “Quadri” ha pubblicato un comunicato nel quale si afferma che Saddam Hussein è ancora il presidente dell’Iraq e che questo gruppo comunista si schiera con lui nella guerra che conduce contro l’imperialismo.

Partito Comunista Iracheno (Quadri Avanzati)

Di questa formazione politica si conosce poco. Il suo leader è un ex importante dirigente del PCI, Baqer Ibrahim Al-Mousawi, escluso dall’Ufficio Politico del PCI nel giugno del 1984. Prima della guerra, aveva contatti con l’opposizione “patriottica” di Al-Kubaysi. Nel novembre del 2003 Baqer Ibrahim ha diffuso una lettera nella quale dichiarava di sostenere la resistenza e condannava la politica del PC Iracheno che avrebbe sostituito l’idea dell’antagonismo con l’imperialismo con quella della collaborazione con l’imperialismo. La lettera, firmata a titolo personale e non a nome di una organizzazione, è stata sottoscritta anche da altri due comunisti dissidenti appartenenti alla cosiddetta “opposizione patriottica” del PCI, Karim Ahmed e Khalid Al-Salam.

Al-Mousawi (che vive in esilio in Svezia) è anche uno dei primi firmatari dell’appello approvato al termine di un seminario di oppositori iracheni che si è tenuto a Beirut alla fine di luglio del 2005, che sostiene la “formazione di un Fronte Nazionale Iracheno per la Liberazione e la Ricostruzione Democratica”. I firmatari sostengono la lotta politica e armata contro gli occupanti, ma ritengono indispensabile, per allargare la lotta, la formazione di un ampio fronte democratico. Una condizione per la realizzazione di questo fronte è un “audace processo di critica ed autocritica nei confronti degli errori del passato”. Questa richiesta sembrerebbe in particolare rivolta nei confronti del Baath. Un altro elemento chiave dell’appello è l’invito a costruire l’unità di tutte le forze che si battono contro l’occupazione sia quelle armate sia quelle che utilizzato mezzi non-violenti di resistenza. Questo appello è stato sottoscritto anche da al-Mouradi, del PCI (Quadri), ma non da Sabah Jawad, del PCI (Direzione Centrale), presente all’iniziativa.

Il seminario è stato fatto oggetto di un duro attacco da parte del Baath ed anche di una presa di distanza dell’Alleanza Patriottica Irakena, (che raccoglie gruppi di sinistra alleati con i baathisti).

Movimento Comunista Nazionale Democratico d’Iraq

Questo gruppo dissidente del PCI sarebbe stato fondato nel 2001, ma le sue radici risalgono ad una corrente comunista sorta a metà degli anni ’80, che diede vita al giornale Al Manber (Tribuna). Nel momento più difficile per l’Iraq nella sua guerra contro l’Iran, alcuni dirigenti comunisti ritennero di doversi schierare per la difesa del proprio paese, e alcuni rientrarono a Baghdad nella speranza di poter approfittare di una apertura politica da parte di Saddam Hussein. Questa iniziativa non ebbe alcun successo e il gruppo si disperse.

Prima dell’invasione degli Stati Uniti, l’opposizione patriottica guidata da Al-Kubaysi, un ex baathista che per un certo periodo ha vissuto a Damasco, protetto dai siriani, si era riunita a Parigi. L’obbiettivo di questa coalizione era di convincere Saddam Hussein ad aprire il suo regime ad una parte dell’opposizione, quella che pur avendolo criticato, riteneva prioritario costruire l’unità nazionale contro gli Stati Uniti. Anche in questo caso nonostante i contati diretti avuti con il regime non c’è stato alcun seguito all’iniziativa. Per questo i comunisti “patriottici” criticano Saddam Hussein perché, rifiutando di mobilitare tutte le forze antimperialiste avrebbe indebolito la resistenza agli americani.

Il Movimento Comunista Nazionale Democratico, guidato da Ahmed Karim, che ha vissuto per molti anni a Praga, e Khalid Al-Salam, ha partecipato all’Alleanza Patriottica Irachena, ma la sua influenza all’interno dell’Iraq sembra molto limitata. Non è nemmeno chiaro se si tratti di una vera e propria organizzazione o solo di una rete di quadri che cerca di orientare quei militanti comunisti che non condividono la politica del PCI. Disponendo di alcuni dirigenti in esilio ha cercato di dare credibilità alla componente laica e non baathista della resistenza, componente che pure sembra essere del tutto minoritaria sul campo.

Unione del Popolo Iracheno

Si tratta di una altro gruppo di orientamento comunista che sostiene la resistenza armata, ma i cui contorni politici e la effettiva consistenza risultano ancora più incerti. Il promotore e leader del gruppo è Yusuf Hamdan, un professore universitario che nel 2000 aveva messo in piedi un Partito Comunista dell’Iraq alleato e riconosciuto da regime di Saddam Hussein. Gli era stato anche garantito un posto in Parlamento.

Per il PCI, ma anche per altri osservatori iracheni, si trattava di un gruppo “fantoccio” in pratica messo in piedi dai servizi segreti. Dopo l’invasione americana è riemerso alla luce del sole con la denominazione di Unione del Popolo. Si tratta dello stesso nome utilizzato dal PCI per la lista con cui ha partecipato alle elezioni del gennaio 2005.

All’interno del paese, l’atto politico più significativo del gruppo di Hamdan è la sottoscrizione del documento approvato il 15 febbraio del 2005 a seguito di una riunione delle forze contrarie all’occupazione, tenutasi nella moschea di Um al-Qura a Baghdad. Si tratta del testo che finora ha raccolto la più ampia adesione di forze “patriottiche”. Fra i firmatari figurano infatti la corrente di Muqtada Sadr (che peraltro conta dei suoi uomini anche nel governo e ha partecipato alle elezioni de 15 dicembre), l’Associazione degli Ulema Musulmani, che è la più rappresentativa associazione sunnita, il Fronte Patriottico per la Liberazione dell’Iraq (di cui fa parte il Baath illegale), il Congresso di Fondazione Nazionale Patriottico. Fra i gruppi minori che hanno sottoscritto il testo figura l’Unione del Popolo. Il documento chiede il ritiro delle truppe di occupazione e il riconoscimento del diritto alla resistenza, condanna il terrorismo, rivendica democrazia e elezioni, e l’identità araba ed islamica dell’Iraq.

Il PCI “fantoccio” di Hamdan aveva contatti con un piccolo gruppo stalinista belga, ma non era riconosciuto da altri partiti comunisti. L’Unione del Popolo ha recentemente ottenuto, piuttosto sorprendentemente, il riconoscimento del PC Spagnolo, che ha invitato Hamdan a tenere una serie di conferenze in Spagna nello scorso settembre. Durante questa visita, Hamdan ha rilasciato una intervista al settimanale comunista argentino “Nuestra Propuesta” nella quale afferma che il movimento comunista iracheno si è diviso in due parti, una è rappresentata dal PCI che collabora con l’occupazione e ha tradito il comunismo, l’altra è quella nella quale si colloca l’Unione del Popolo Iracheno che mantiene una relazione amichevole con la resistenza.

Di tutte le organizzazioni citate questa sembra la meno credibile. Se prima della guerra, il gruppo di Hamdan sembrava utilizzato dal regime per dividere i comunisti che si trovavano all’opposizione, ora sembra soprattutto funzionale a quei settori della resistenza militare che lo utilizzano per rendere credibile, soprattutto verso la sinistra europea, il carattere pluralista della resistenza.

In conclusione, nella intricata situazione irachena non è facile valutare il seguito e la effettiva rappresentatività di queste diverse tendenze. Per il PC Iracheno si conosce la consistenza elettorale: 70.000 voti, a cui si devono aggiungere i circa 45.000 voti ottenuti in Kurdistan nel 2002. Secondo una fonte americana, l’organizzazione kurda del PCI, avrebbe 5.000 aderenti. Sulla base della stessa proporzione iscritti/voti il PCI dovrebbe contare non più di 7-8.000 iscritti nel resto del Paese. Gli altri gruppi dovrebbero avere tutti un seguito minore. Paradossalmente le due tendenze le cui prese di posizioni hanno avuto più eco all’estero, il PCI(Quadri) e l’Unione del Popolo sembrano le meno credibili.

Tutte le opzioni politiche possibili nello scenario del dopo guerra sembrano perseguite dalle diverse correnti, ma nel complesso nessuna di esse è riuscita finora a ridare al movimento comunista quel seguito di massa che ha avuto tra la fine degli anni ’50 e la prima metà degli anni ’60. Errori strategici, subalternità all’Unione Sovietica, ma anche una durissima repressione e il profondo cambiamento sociale e culturale avvenuto in Iraq, sono tutti fattori che hanno contribuito a questa marginalizzazione.