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Francia, dopo le piazze il Cpe nelle mani di Chirac
Publie le venerdì 31 marzo 2006 par Open-PublishingDazibao Lavoro - Disoccupazione Movimenti Scuola-Università Francia Francesco Giorgini
La sorte del primo ministro si decide all’Eliseo, studenti e sindacati lanciano una nuova giornata di lotta e scioperi per martedì 4 aprile
di Francesco Giorgini, Parigi
«Dimissioni». La parola è scivolata a lettere cubitali dalla bocca del primo ministro de Villepin in un lapsus clamoroso che, come spiegava il dottor Sigmund, non deve nulla al caso.
Non in un posto qualunque né in un momento qualunque. Davanti all’Assemblea Nazionale (la camera dei deputati, ndr) durante il “question time” rispondendo al leader dell’opposizione parlamentare, il socialista François Hollande, che chiedeva per l’ennesima volta il ritiro del Cpe - come i milioni di francesi in piazza martedì.
Prima de Villepin ha ribadito la sua disponibilità ad emendare a margine il contratto di primo impiego, pronto a negoziarne con studenti e sindacati gli eventuali “miglioramenti”, secondo una nozione di dialogo che assomiglia ogni giorno di più alla caricatura del monologo d’un sordo. Poi ha spiegato di voler attendere il giudizio di conformità del Consiglio Costituzionale cui hanno fatto appello deputati e senatori socialisti e che prenderà la sua decisione oggi.
E qui l’inconscio ha calato la sua implacabile mannaia. Il premier dice testualmente con voce cristallina riferendosi al Consiglio Costituzionale: «Esso renderà la sua dimissione domani (oggi per chi legge)» poi si riprende e corregge «che prenderà la sua decisione domani». Ma ormai la frittata è fatta, cotta e mangiata e dai banchi dell’opposizione piovono sonori risate e dileggio. Come se non bastasse il capitonbolo del primo ministro è ripreso e trasmesso in diretta televisiva e cosi il lapsus freudiano diventa lapsus mediatico di pubblico dominio, quasi una dichiarazione politica.
Se de Villepin pensa tanto intensamente ad eventuali dimissioni da non riuscire a tenerlo per sé, è perché la pressione sul primo ministro non è mai stata così forte né il suo destino così oscuro e incerto. I milioni di francesi in piazza martedì, il doppio rispetto alla settimana prima, hanno mostrato - se ancora ce ne fosse stato bisogno - che scommettere sulla stanchezza di una contestazione, al contrario sempre più larga e consolidata, è un’opzione ogni giorno più rischiosa. Non tanto per l’avvenire del premier, che i sondaggi confermano in caduta libera con uno storico striminzitissimo 29% di popolarità, ormai più o meno discreditato anche di fronte ad una fetta sempre più consistente della sua maggioranza; quanto per la destra tutta intera nella prospettiva delle elezioni presidenziali e legislative del 2007.
Senza contare il pericolo per Chirac di chiudere dodici anni di mandato presidenziale e quaranta di carriera politica con una crisi sociale e politica profonda passando per essere il definitivo e irrecuperabile usurpatore di quel voto di unità republicana che nel 2002 lo ha confermato Presidente della Republica, con l’82% dei voti, contro il fascista LePen. Un risultato senza precedenti in cui contarono per più della metà i voti della gauche. I voti di quegli stessi cittadini che da settimane vanno in piazza contro il Cpe distillato e difeso dal suo erede prediletto Dominique de Villepin.
Chi non pensa più che né l’imminenza delle vacanze pasquali, che cominciano il 7 aprile, né l’ipoteca della violenza e neppure la stanchezza o la presunta debolezza dei sindacati francesi possa asfissiare la protesta, è Nicolas Sarkozy. Il ministro dell’Interno, numero due del governo, presidente del partito di maggioranza, l’UMP che ha soffiato a Chirac, non che autoproclamato candidato naturale alla successione presidenziale, non ha usato mezzi termini: «I sindacati sono riusciti nella loro prova di forza! Ora tocca al governo muoversi...». Lui e ormai una maggioranza di deputati del suo partito sono persuasi che, se non si vogliono definitivamente ipotecare le speranze di vittoria per il 2007, bisogna trovare in fretta un compromesso. E tanto meglio se questo dovesse suonare il requiem per le ambizioni del suo rivale de Villepin.
Sindacati e organizzazioni studentesche, dal canto loro, rafforzati in unità e determinazione dal successo inequivocabile di martedì, per tenere il fiato sul collo al governo annunciano una nuova giornata nazionale di scioperi e manifestazioni per martedì 4 aprile. Il primo ministro, che forse appunto pensa già alle dimissioni, è ormai nelle mani di Chirac. Al Presidente hanno scritto un appello formale le cinque confederazioni sindacali chiedendondogli di rinviare alle Camere, come gli consente la Costituzione, la legge che istituisce (tra l’altro) il Cpe: per una seconda lettura, mondato proprio dell’articolo sul contratto di primo impiego.
Al Presidente si sono appellati, negli ultimi giorni, anche numerosi leaders politici; e l’83% dei francesi gli chiede, secondo i sondaggi, di intervenire nella crisi. Si sa già che Chirac parlerà direttamente e in forma solenne al paese entro il fine settimana. Non prima, comunque, del giudizio di conformità del Consiglio costituzionale che potrebbe, se dovesse censurare almeno parzialmente la legge, offrirgli una via d’uscita onorevole per respedire il testo in Parlamento senza deleggittimare completamente il suo, prediletto, primo ministro.
Nell’attesa gli studenti non si fermano. Restano bloccate decine di università e in agitazione centinaia di licei. Ieri mattina, in una mezza dozzina di città dell’ovest del paese - Nantes e Rennes le principali -, universitari e liceali hanno per diverse ore bloccato il traffico, prima di essere dispersi a colpi di lacrimogeni dai gendarmi mobili. Sempre nel capitolo repressione, arrivano alla rinfusa le cifre di arresti e fermi: più di 800 martedi in tutta la Francia e più di 600 nella sola regione di Parigi. Il ministro dell’Educazione de Robien ha intimato la riapertura da stamattina di tutti il licei, anche a costo di mandare la polizia. Il sindacato dei presidi gli ha risposto che loro la polizia non la chiameranno per sgonberare il liceali in lotta; e che se il governo vuole riaprire le scuole con la forza, il ministro dell’Interno deve prendere su di sé la responsabilità di dare ai flics l’ordine di intervenire.