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Guerre-Conflitti medio-oriente Francesco Barilli
di Francesco Barilli, per Ecomancina.com
Nei giorni scorsi molti quotidiani si sono interessati alla situazione in Iraq puntando i riflettori sui due aspetti in questo momento più sconvolgenti per l’opinione pubblica: lo scandalo delle torture nelle carceri gestite dalla coalizione anglo-americana e la decapitazione di un ostaggio statunitense, Nick Berg. Ho avuto occasione di leggere diversi commenti a proposito di questi fatti, focalizzando la mia attenzione soprattutto su quelli provenienti dalle fonti cosiddette "moderate", che avevano appoggiato (e magari appoggiano ancora, forse con qualche imbarazzo e distinguo in più) l’operazione bellica targata USA.
Ho notato che quasi tutti questi commenti presentavano caratteristiche comuni. Si parte da una ferma condanna di questi "nuovi" orrori, per arrivare a qualche timida critica alla gestione da parte dell’amministrazione Bush di questa fase del conflitto, che sempre meno commentatori riescono a definire "dopoguerra". Ma la caratteristica più curiosa che ho trovato in comune è il preambolo: in tutti i casi si sente la necessità di sottolineare che in questo frangente non è il caso di tracciare un parallelo tra questi "nuovi orrori", che la decapitazione dell’ostaggio non deve giustificare o compensare le torture e viceversa… Preambolo sicuramente condivisibile, probabilmente in gran parte dei casi fatto con sincera convinzione, ma purtroppo sconfessato spesso – magari inconsciamente – dal resto dell’articolo. L’affermazione di non voler paragonare gli orrori di Abu Ghraib e la decapitazione di un ostaggio finisce spesso con l’essere l’introduzione proprio ad un’analisi comparativa. Si sottolinea che da una parte ci si trova davanti ad abusi di singoli, ad atti di sadismo e crudeltà assolutamente ingiustificabili, ma che dall’altra parte ci si trova di fronte alla manifestazione di una spietatezza assoluta. Altra osservazione che viene fatta spesso e volentieri è quella circa lo sdegno che nei paesi occidentali hanno sollevato le immagini di Abu Ghraib, contrapposto al silenzio che i Paesi islamici avrebbero riservato alla tragica fine di Nick Berg.
Insomma, anche in questa occasione certa stampa ha voluto confrontare gli episodi, cercando di inquadrarli in una lotta fra due parti e due culture, come all’inizio della guerra. Al massimo si può dire che all’inizio delle operazioni belliche quella stampa voleva vedere una contrapposizione fra "bene" e "male" e che, con il progredire del conflitto, la prima parte è diventata via via un "bene perfettibile" e ora quasi un "meno peggio", ma sempre contrapposta ad un "male" assoluto. Insomma: se ci si sente "alfieri della cultura occidentale" le torture di Abu Ghraib sono un’onta che deve farci vergognare, ma senza dimenticare la superiorità della nostra civiltà.
Un esempio lampante di questa premessa è costituito da un editoriale di Ernesto Galli Della Loggia sul Corriere della Sera del 17 maggio. L’editorialista parte con un’incoraggiante citazione del New York Times ("Nulla di ciò che l’America ha fatto giustifica la spaventosa crudeltà dell’esecuzione di Nicholas Berg; e d’altra parte la sua morte non vale a diminuire in nulla la vergogna dell’America e la responsabilità dell’amministrazione Bush per il brutale trattamento inflitto ai prigionieri"), che Galli della Loggia sposa in pieno ("…in Iraq come altrove le colpe degli uni non lavano quelle degli altri…"). Peccato che poi, nel resto dell’editoriale, l’autore ricorra proprio a quella serie di "distinguo" cui accennavo in premessa ("ma stabilire che le responsabilità non possono elidersi … significa forse che anche i due orrori sono uguali?"), per arrivare ad una triste "comprensione" della tortura, una comprensione che l’autore motiva adeguatamente ma che a mio avviso non risulta per questo meno stonata ("Lo hanno fatto [nota: il ricorso alla tortura] i russi, i francesi, i giapponesi, i tedeschi ecc. … Anche perché talvolta la tortura, per quanto sia orribile ammetterlo, funziona…").
Se ho citato l’editorialista del Corriere non è certo per additarlo come un esempio negativo: in certi passaggi l’analisi di Galli Della Loggia è condivisibile, ed in altri – pur non trovandomi concorde – resta ben argomentata e rispettabile. Semplicemente si tratta di un editoriale che possiamo considerare simbolo di un certo punto di vista piuttosto diffuso negli ambienti "moderati": "noi" restiamo comunque meglio di "loro".
Non è necessario scomodare monsieur Lapalisse per dire che effettivamente tra i sorrisetti sadici e compiaciuti di Lynndie England (la soldatessa immortalata in diverse immagini di Abu Ghraib) e una decapitazione corre una bella differenza… Ma il punto non è questo: è davvero necessario o utile compilare una graduatoria degli orrori? E’ davvero sufficiente derubricare una guerra da "bene" contro "male" a "meno peggio" contro "male"?
Ho la sensazione, poi, che tutti questi commenti dimentichino (vogliano dimenticare, o vogliano far dimenticare) una situazione ben diversa. Le foto di Abu Ghraib finora pubblicate sono solo una minima parte di quelle agli atti. E, soprattutto, tutte le foto (pubblicate e non) non rappresentano la realtà dello "scandalo torture" (a meno che non si voglia credere che TUTTI i torturatori, oltre che criminali, fossero tanto stupidi da lasciare tracce dei propri crimini), ma solo la parte più mediaticamente efficace. In una civiltà dell’immagine, infatti, un documento fotografico o video ha una valenza infinitamente superiore ad uno solo descrittivo; se così non fosse avrebbe avuto molto più risalto la notizia che le indagini sulle torture nelle carceri Irakene riguardano episodi ben più gravi, a cominciare dalle morti di alcuni detenuti in seguito ad interrogatori. Dal rapporto del Comitato Internazionale della Croce Rossa (Cicr): "Le violazioni principali, che sono descritte nel presente rapporto del Cicr e sono presentate in via confidenziale alle FC [nota: Forze della Coalizione], includono: Violenza nei confronti delle persone tutelate al momento della cattura e della custodia preventiva, che spesso hanno causato il loro decesso o gravi ferite … Il Cicr si è altresì preoccupato per l’eccessivo e sproporzionato impiego della forza da parte delle autorità carcerarie contro prigionieri coinvolti durante la loro detenzione in rivolte o tentativi di fuga che hanno causato decessi o gravi ferite.".
Da più parti si è osservato che il clamore mediatico e lo sdegno sollevatisi negli USA e nei paesi occidentali dimostrerebbero proprio quanto il sistema occidentale funzioni e quanto sia dotato di "anticorpi" che gli permettono di fare fronte anche alle storture che si trovano al proprio interno. Un sistema che funzionerebbe, in buona sostanza, proprio nella misura in cui dimostra di saper attivare le armi dell’autocritica e dell’autocontrollo.
Io penso che, purtroppo, anche questa dello scandalo torture si dimostrerà un’occasione persa. Credo che le poche immagini che sono state e saranno rese pubbliche di Abu Ghraib serviranno solo a lavare le coscienze degli "occidentalisti convinti" rafforzando la loro convinzione che questa è una guerra giusta; forse sporca e spiacevole come tutte le guerre, ma pur sempre giusta… Un bel bagno nell’ipocrisia e poi si prosegue convinti verso l’American way of life.
Fino a quando non ci renderemo conto di questo, temo che la guerra in corso si svolgerà, anche sul piano culturale, fra torturatori e tagliatori di teste. Non esattamente una lotta fra titani, insomma, e soprattutto una lotta che molti continueranno a sentire totalmente estranea, pur finendo con l’essere coinvolti e, purtroppo, forse travolti.
Francesco Barilli, di Ecomancina.com