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Cuba: Steri ci riporta indietro di trent’anni nel dibattito su democrazia e socialismo
Publie le martedì 29 agosto 2006 par Open-PublishingDazibao America Latina Franco Ferrari
di Franco Ferrari
Forse ha veramente ragione Umberto Eco quando sostiene che siamo entrati nell’era del gambero e che la storia ci ripropone come nuovi temi e problemi che il secolo passato sembrava avere già risolto e superato. Nel nostro piccolo, anche l’articolo di Bruno Steri su Cuba (pubblicato da Liberazione il 24 agosto scorso), riproponendo una impostazione del tema della democrazia e del rapporto democrazia e socialismo che i comunisti (almeno nelle componenti più avanzate) avevano già superato in avanti venti o trent’anni addietro va fatto rientrare in questo ritorno del passato.
Non mi interessa tanto discutere della questione specifica di Cuba su cui sono già intervenuti in diversi (Garzia, Moscato) con ben maggiori competenze ma affrontare i temi di carattere generale che a partire dalla vicenda cubana Steri mette in campo.
Nella prima parte del suo articolo polemizza con varie posizioni critiche o ostili nei confronti di Cuba, richiamando (giustamente in questo caso) ad una valutazione non sommaria dell’esperienza castrista. Lo fa con un artificio retorico a cui di solito ricorre chi ha argomentazione deboli, cioè mettendo in un unico calderone i simpatizzanti critici, gli anticastristi, i teo-con americani che vogliono esportare la (loro) democrazia. Ma questo è un peccato veniale rispetto al tema principale.In modo peraltro contraddittorio Steri mette in campo tre diversi ragionamenti ai quali provo a dare una maggiore consistenza logica per vedere se reggono.
Il primo è che a Cuba in fondo c’è poca democrazia, ma in cambio sono garantiti alcuni diritti sociali comuni (la sanità e l’istituzione gratuita per tutti). E’ sostanzialmente vero ed è una sorta di “scambio” sul quale si è fondato, fin che ha retto, tutto il cosiddetto “socialismo reale” (meglio sarebbe dire socialismo burocratico e autoritario). Si tratta di uno stato di fatto che apre almeno due contraddizioni. Innanzitutto bisognerebbe dimostrare che per avere la sanità e l’istruzione gratuita sono necessari il partito unico e la censura, l’assenza di sindacati indipendenti, la soppressione del diritto di sciopero ecc. In America Latina molti diritti sociali minimi non sono garantiti, ma è difficile sostenere che questo è colpa dell’”eccesso di democrazia”. Dimostrata questa relazione bisogna definire chi e come può compiere questa scelta (diritti sociali in cambio di democrazia). Può essere imposta dall’alto? Decide il Comitato Centrale? Non mi sento di escludere chi vi sia chi posto liberamente di fronte a questa scelta preferisca avere la sanità gratuita piuttosto che una stampa libera (lo dice anche il proverbio “quando c’è la salute...”). Ma già il fatto stesso di effettuare questa scelta sarebbe un atto di democrazia di cui vanno definiti modi e forme.
Il secondo argomento riguarda il blocco e le ingerenze degli Stati Uniti. A Cuba in fondo c’è poca democrazia - si dice - ma è colpa degli Stati Uniti che volendo imporre i loro interessi all’isola e al popolo cubano, impediscono che si possa ampliare la partecipazione democratica, il pluralismo politico e sociale, il principio dell’eleggibilità delle cariche politiche, ecc. E’ una spiegazione del tutto congiunturale della realtà cubana che ha un suo fondamento, ma presuppone una scarsa fiducia nella capacità di scelta del popolo cubano. Soprattutto si ammette implicitamente che l’attuale assetto politico e sociale non reggerebbe ad una maggiore apertura democratica. Devo dire che in quanto simpatizzante critico di Cuba, mi auguro e sono relativamente convinto che dopo oltre quarant’anni di esperienza socialista, esista un consenso sufficiente e ragionevolmente ampio a proseguire sulla strada di un socialismo rinnovato. Ma il principio generale che sta dietro a al ragionamento di Steri è quello dei due tempi: prima il socialismo, poi col tempo anche la democrazia. Credo che i comunisti abbiano da tempo giustamente affermato che non ci può essere socialismo senza democrazia.
Infine l’argomento principe, giustamente evidenziato nel titolo: la differenza tra la “democrazia formale” e la “democrazia sostanziale”. Qui veramente arriviamo al nocciolo della questione. Questa distinzione può essere utilizzata avendo due opposte finalità. Una finalità è quella che persegue una critica ai limiti della democrazia liberale capitalistica, partendo dall’individuazione di una contraddizione strutturale tra le procedure democratiche e i diritti che da essi in conseguono e il capitalismo, il cui fine non è la democrazia, ma il profitto. Il quale capitalismo producendo disuguaglianze sociali e differenze abissali di potere sul piano economico inficia l’uguaglianza “formale” delle procedure democratiche. Questo tipo di critica non dimentica che molte delle conquiste democratiche affermatesi nei paesi capitalistici, sono frutto di lotte operaie e proletarie (dal movimento dei cartisti inglesi, agli scioperi generali in Belgio per il suffragio universale, ecc.). Inoltre assume tutte le conquiste democratiche come base per andare oltre, cioè per rimuovere quelle differenze sociali che limitano la democrazia. In questo senso si può parlare di democrazia “sostanziale” che va oltre alla democrazia “formale”, non per cancellarla ma (si sarebbe detto in altri tempi) per “inverarla”. La difficoltà vera di questo percorso, e la critica che da parte liberale viene fatta a questa impostazione, una critica a cui l’esperienza storica prima ancora che il dibattito teorico non ha dato compiutamente risposta, è che mentre la democrazia “formale” è in certo grado verificabile e misurabile (elezioni, pluripartitismo, libertà di stampa, ecc.) la democrazia “sostanziale” è difficilmente verificabile.
Ma, tornando a Steri, la sua riproposizione della differenziazione tra democrazia “formale” e democrazia “sostanziale” appartiene al vecchio armamentario di chi in nome della democrazia “sostanziale” giustifica la soppressione della democrazia “formale”. Che cos’è per Steri la democrazia “sostanziale”? Se lo sa non c’è lo dice. Per questo temo che i suoi argomenti servano solo a far rientrare dalla finestra quello che faticosamente i comunisti, anche sulla base di una esperienza storica drammatica, erano riusciti a far uscire dalla porta, l’idea di un socialismo autoritario e burocratico, in cui un qualche Politburo autonominato e inamovibile decide per l’intera società.