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Bolkestein difende la direttiva, ma non convince
Publie le venerdì 8 aprile 2005 par Open-PublishingDazibao AGCS-Bolkestein Europa Referendum
Affollata conferenza stampa a Parigi. Restano in piedi tutti i dubbi: chi tutela i lavoratori «fuori sede»?
L’ex commissario europeo parla con i giornalisti, ma non incontra gli oppositori della sua «creatura». In Francia per smontare il no alla Costituzione
di ANNA MARIA MERLO Parigi
C’era un «comitato di accoglienza» con cartelloni e volantini ad aspettare ieri mattina Frits Bolkestein, l’ex commissario alla fiscalità che ha dato il suo nome - «purtroppo» dice - alla direttiva che il fronte del «no» alla Costituzione, in Francia e altrove, ha preso a simbolo delle derive liberista dell’Unione europea. Ma l’amico Frits ha evitato scrupolosamente di incontrare i militanti di Attac, del Pcf, del «no socialista» e altre organizzazioni che si erano date appuntamento sotto le vetrate della Maison de la Radio. Ha preferito spiegare la sua direttiva ai giornalisti. Lasciando tutti con gli stessi dubbi che avevano all’inizio (l’unico dubbio che ha risolto è quello sulla pronuncia del nome: si pronuncia Bolkesten in olandese).
Difatti, Bolkestein, che ha tenuto a far sapere di essere venuto in Francia a sue spese per sfatare il mito di un legame qualsiasi tra il testo della Costituzione e la sua direttiva - il «no» al referendum del 29 maggio è dato vincente da più sondaggi in Francia - ha cercato di minimizzare la portata della nuova norma, mentre ha ribadito quello che ha già anticipato Tony Blair dopo le conclusioni del Consiglio europeo di Bruxelles, dove Jacques Chirac aveva promesso un «azzeramento» del contenuto della direttiva: con o senza Costituzione, «non si ripartirà da zero, la direttiva resta sulla tavola». Il Consiglio, difatti, non può annullare una direttiva della Commissione. Restano aperte le possibilità di emendamenti, in parlamento.
«La direttiva si applica in modo molto limitato» ha detto, poiché ci sono ben 23 eccezioni. Secondo Bolkestein, la direttiva si rivolge principalmente alle amministrazioni dei diversi paesi, per semplificare le pratiche. E’ applicabile soltanto ad «artigiani, professioni liberali», non alle aziende. L’esempio scelto è quello dell’«idraulico polacco» che verrebbe in Francia ad offrire le sue competenze a prezzi stracciati. «Se l’idraulico apre un negozio, dovrà rispettare le leggi del paese dove lo apre» e non più quelle del paese d’origine, la parte più controversa della direttiva. Inoltre, aggiunge Bolkestein, se una società opera un distacco di personale, vigono le norme del 96, che stabiliscono che per questo personale devono venire rispettate le norme del paese dove lavora.
Per Bolkestein, la direttiva non fa che rendere più chiara l'applicazione del principio della «quattro libertà» di circolazione di merci, capitali, persone e servizi, stabilito già dal trattato di Roma del
57. Lo stesso trattato di Roma che sta alla base del mercato interno e che è ripreso nel testo costituzionale. Ma la libera circolazione delle merci nel mercato unico (in vigore dall’1 gennaio `93) era stata preceduta da un’armonizzazione delle norme. Tutto il contrario per la liberalizzazione dei servizi: la direttiva si applica in una zona economica dove vigono diritti molto diversi, lasciando la porta aperta al dumping sociale, visto che l’unico criterio per liberalizzare un mercato che rappresenta il 70% del pil del’Unione è la «concorrenza». La concorrenza può essere esclusa da alcuni settori, come i servizi pubblici, ma la direttiva riguarderà comunque il 50% del pil dell’Unione.
Bolkestein non ha risposto agli interrogativi: per esempio, se Renault assume a tempo determinato degli operai tramite una società di lavoro in affitto che ha sede in un paese dove le norme sociali sono più basse che in Francia, gli operai, pur lavorando in Francia, saranno sottoposti alla legislazione del paese d’origine dell’agenzia. Anche le aziende francesi potranno ricorrere all’espediente di basare la propria sede in un paese con una legislazione al ribasso e così i dipendenti ne pagheranno le conseguenze. Questo fenomeno già esiste, basti pensare ai cantieri navali. Ora è al limite della legalità, con la Bolkestein diventerà legale. Inoltre, con la Bolkestein si entra in una zona di diritto incerto: è difatti l’amministrazione del paese dove viene erogato il lavoro che dovrà controllare che venga rispettata la legge del paese d’origine della società che impiega i dipendenti. Ma come sarà possibile chiedere all’amministrazione di un paese di controllare l’applicazione delle leggi di un altro?