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Bene Bertinotti, ma bisogna creare una nuova sinistra

Publie le mercoledì 19 ottobre 2005 par Open-Publishing

Dazibao Elezioni-Eletti Partito della Rifondazione Comunista Parigi Primarie

Interviste.’’Il popolo dell’Unione vuole partecipare’’. Parla Nicola Fratoianni, segretario regionale del Prc in Puglia, mente organizzativa delle consultazioni

di Angelo Notarnicola

Il risultato delle primarie non lascia alcun dubbio. L’alto livello di partecipazione al voto, andato oltre ogni più rosea aspettativa, è elemento di straordinaria importanza, in particolare alla luce della crisi che la democrazia attraversa in molti paesi europei.
I risultati finali premiano in modo indiscutibile Romano Prodi, lasciando ampi spazi di riflessione sui riscontri avuti dagli altri candidati, in particolar modo Fausto Bertinotti.
Prima dell’inizio della campagna elettorale per queste primarie, infatti, il 14,7% delle preferenze sarebbe stato considerato, negli ambienti di Rifondazione comunista, una percentuale sostanzialmente soddisfacente. Dopo, però, con il passare dei giorni e l’avvicinarsi della scadenza elettorale, le aspettative sono cresciute, fino a prendere in considerazione la possibilità di un’affermazione che andasse ben al di sopra del 20%.

Ne parliamo con Nicola Fratoianni, segretario regionale del Prc in Puglia e mente organizzativa sia delle primarie pugliesi, che di quelle nazionali.

 Fratoianni, cosa pensi dei risultati di queste primarie?

La mia impressione è che il risultato di queste primarie dica più di una cosa. Innanzitutto, è necessario sottolineare l’altissimo livello di partecipazione. Nessuno, alla vigilia, avrebbe mai immaginato oltre quattro milioni di votanti. Questo risultato segnala a sua volta due cose: da un lato, un’altissima richiesta di partecipazione; dall’altro, la determinazione con cui gli spazi -quando aperti- sono occupati dai cittadini. Non è possibile comunque dimenticare il grande sforzo organizzativo compiuto.

 Il risultato di Bertinotti si è rivelato al di sotto di alcune aspettative. In Puglia, dove è possibile avere un termine di comparazione, il segretario di Rifondazione comunista ha ottenuto quasi 33 punti percentuali in meno di Nichi Vendola. A cosa addebiti un così ampio differenziale tra i due?

Lo addebito, innanzitutto, al fatto che in Puglia si correva tra due candidati e non tra sette. In secondo luogo, Vendola, oltre a indicare una prospettiva politica radicale, poteva contare sulla forza del suo radicamento territoriale. In terzo luogo, Francesco Boccia non è Romano Prodi. E, in ultima istanza, la dimensione nazionale è completamente diversa. Ad esempio, sarei curioso di vedere il dato finale, scorporando i voti dell’Emilia Romagna.

 Il dato finale di Bertinotti sembra attestarsi in modo definitivo al 14,6%. Alla luce di questo risultato, non proprio brillante, non sarebbe stato più opportuno investire le ingenti risorse economiche utilizzate in campagna elettorale per supportare, in modo forte, la difficile prova cui è sottoposta quotidianamente la giunta di Nichi Vendola nel territorio pugliese? Penso ad esempio all’esperienza straordinaria rappresentata dal “sistema” dei 170 comitati auto-organizzati e interdipendenti che è stato sciolto dopo le elezioni.

Per prima cosa, i comitati non sono stati sciolti, ma si sono sciolti. Alcuni di essi si sono trasformati in circoli di Rifondazione comunista, altri hanno dato vita a comitati tematici. Inoltre, i comitati si sono sciolti per un motivo fondamentale. Sono nati come comitati-Vendola, cioè hanno trovato nella campagna elettorale la propria ragion d’essere. La possibilità per i comitati di mantenersi come struttura viva si è giocata dopo le elezioni. Quelli che hanno trovato il modo di superare l’identificazione originaria sono sopravvissuti.
In secondo luogo, le risorse potevano essere utilizzate in modo diverso se non c’erano le primarie. Credo, infine, che sia stata fatta una buona campagna elettorale. La mia impressione è che il risultato finale sia stato sostanzialmente positivo sia a livello nazionale che pugliese, dove abbiamo ottenuto più di 2 punti percentuale sulla media nazionale.
Ritengo che questa campagna abbia avuto una sua efficacia, nel momento in cui è stata in grado di mobilitare al voto e di costruire intorno a Fausto Bertinotti un consenso di oltre 6 volte maggiore rispetto alla forza organizzata di Rifondazione comunista.

 Sul “Corriere della Sera” di ieri, Bertinotti ha dichiarato: “Tra 5 anni lo scenario politico sarà tutto cambiato. Ci saranno un centro, una destra e una sinistra. Torneranno i partiti veri, le identità certe”. Fratoianni, come pensi che sarà la sinistra del prossimo futuro?

Penso a una sinistra che trovi la capacità di definire un suo spazio tenendo insieme elementi diversi, le differenti storie politiche che l’hanno fin qui caratterizzata, e che sappia indicare contenuti programmatici e nuovi modelli organizzativi. Per cui penso a una sinistra che tenga dentro la storia dei comunisti, del movimento operaio -oggi rappresentato in modo principale da Rifondazione comunista-, ma che si costruisca all’interno di quel flusso realizzatosi con l’esplosione dei movimenti. È inoltre impossibile immaginare qualcosa che non abbia come livello minimo da cui partire una dimensione europea.
Penso a una sinistra che faccia dell’innovazione delle pratiche, dei modelli organizzativi, delle identità, delle culture, il punto decisivo di aggregazione. Per cui certamente immagino una sinistra che vada oltre i perimetri attuali e che sia capace di creare intorno a sé una partecipazione più ampia sul terreno del consenso e delle relazioni.

 Quindi un nuovo soggetto politico?

Sì.

 Con un nuovo simbolo?

Potrebbe. Non credo che i simboli siano immodificabili o sacri. Indicano un’identità e servono a comunicarla. Il punto è che un simbolo si può modificare quando incominci ad auto-percepirti in modo diverso.

http://www.aprileonline.info/articolo.asp?ID=6711&numero=’31’